Certe volte capita di dover chiudere la propria attività. I motivi possono essere diversi, vuoi (cosa che ci auguriamo) di aver trovato una posizione migliore oppure perché semplicemente gli affari non vanno come previsto.
All’atto di cessazione dell’attività delle aziende o dei professionisti, soprattutto per i commercianti e gli artigiani sopravviene il problema di come comportarsi con le merci ed i beni strumentali acquistati e che sono proprietà dell’impresa.
La merce acquistata, i beni strumentali e le attrezzature varie (arredo, PC, veicoli, attrezzature, impianti, ecc) devono in qualche modo “uscire” dalla contabilità dell’impresa attraverso il processo di liquidazione.
Le vie percorribili in linea generale sono tre:
Oggi in particolare ci occuperemo del processo dell’autofatturazione in caso di chiusura dell’attività ponendo attenzione sui riflessi particolari che ha sul contribuente forfettario.
L’autofattura è un tipo particolare di fattura in cui chi la emette e chi la riceve sono la stessa persona. Dal punto di vista pratico, il documento è identico ad una tradizionale fattura, solo che il mittente ed il destinatario sono la medesima persona. Teniamo a precisare che l’autofattura si emette solo in casi particolari espressi dalla legge (autofattura per omaggi, per autoconsumo, per acquisti da non residenti ecc.).
Torniamo al nostro argomento principale, l’emissione dell’autofattura necessaria per il passaggio dei beni alla sfera personale prima della chiusura della partita IVA.
In questo caso si dovrà emettere una normalissima fattura di vendita “a sé stessi” dove viene indicata una descrizione di ciò che si trasferisce. Ad esempio: cessione beni strumentali. A questa descrizione seguirà in maniera dettagliata l’elenco di tutti i beni ceduti, le loro quantità ed il loro valore.
Riguardo il valore, non essendoci un reale prezzo di vendita e nessun reale compratore, il prezzo a cui verranno ceduti questi beni corrisponderà al valore nominale dei beni (sarà il vostro consulente di fiducia a valutare nella maniera corretta il valore dei beni strumentali in sede di chiusura).
Facciamo un esempio per rendere più chiara la situazione.
Ipotizziamo che un professionista debba chiudere la propria attività. Supponiamo sempre che l’unica attrezzatura di cui disponga per la propria attività sia un PC, acquistato 3 anni prima e che oggi deve essere trasferito dalla sfera “aziendale” alla sfera privata. Se il valore residuo del PC è di € 1.000, questo potrà essere autofatturato a 500 € se nel momento di chiusura è effettivamente il suo valore attuale.
L’autofattura inoltre, a seconda delle disposizioni e al regime fiscale a cui è assoggettato il contribuente in esame, può prevedere l’applicazione dell’IVA. (a questo proposito raccomandiamo sempre di rivolgersi al proprio consulente, egli saprà sicuramente trattare la situazione in maniera corretta e risparmiarvi spiacevoli problemi in un secondo momento).
Nel caso dei commercianti con la merce acquistate e poi non rivenduta a terzi o più in generale per i beni che escono dalla sfera imprenditoriale per qualsiasi causa (anche per la chiusura della propria attività), secondo l’art. 5 del DPR 633/1972 questi devono essere autofatturati con pagamento dell’IVA corrispondente, indipendentemente dal fatto che nel momento dell’acquisto si sia detratta l’IVA.
Infatti, è proprio perché in sede di acquisto si è detratta l’IVA che nel momento dell’autofatturazione debba essere incorporata poiché nel caso contrario l’imposta non sarebbe assolta da nessuno.
Facciamo un esempio per rendere la situazione più chiara.
Se il sig. Bodoni, commerciante in regime di contabilità IVA semplificata, compra della merce per destinarla alla vendita ha diritto alla detrazione dell’IVA sull’acquisto. L’imposta sarà successivamente esposta sulle vendite della suddetta merce. Se una parte della merce però non viene più venduta oppure viene autoconsumata, si deve comunque assolvere l’imposta sul valore aggiunto emettendo fattura a sé stesso.
Il caso del contribuente forfettario è un po’ diverso. Come ben sappiamo infatti, il regime dei contribuenti forfettari è esente IVA ed i contribuenti non possono portare in detrazione nessuno tipo di costo (“non si può scaricare l’IVA sugli acquisti”). Per spiegare come avviene l’autofatturazione in caso di chiusura, come per le precedenti situazioni, è meglio procedere ad un esempio pratico:
Supponiamo che il sig. Polisicchio, artigiano in regime forfettario, debba chiudere la propria attività ma non sia riuscito a vendere tutti le proprie attrezzature. Al momento della chiusura, egli dovrà emettere un’autofattura per il valore dei beni. Come si comporterà con l’IVA essendo in regime forfettario?
Come abbiamo detto, la cessazione dell’attività comporta l’obbligo di fare autofattura, trasferendo così le attrezzature ed i beni strumentali alla sfera privata. Questo adempimento per i contribuenti che hanno aderito al regime forfettario porta all’emissione di una fattura esente IVA, considerata la non applicazione di tale imposta per questi soggetti. Non potendo portare in detrazione i costi, e nemmeno l’IVA, il sig. Polisicchio nel momento di acquisto delle proprie attrezzatura ha già assolto l’imposta.
Inoltre, ricordiamo che questa “fattura” per i contribuenti forfettari non comporta nessun risvolto dal punto di vista reddituale in quanto non è assimilabile ad un ricavo. Infatti. anche per quanto concerne le imposte dirette, l’operazione non determina particolari problemi, posto che, per i contribuenti che applicano il forfait, rilevano solo i ricavi o compensi incassati, mentre sono irrilevanti le plusvalenze/minusvalenze derivanti dall’autoconsumo dei beni strumentali che si verifica per effetto della cessazione dell’attività.
Salve devo chiudere il mio negozio di parrucchiere per problemi di salute devo ripagare iva scaricata ? E l attrezzatura chi la valuta visto che il salone ha 23 anni?