DAC7: cosa cambia per chi lavora online? La direttiva europea DAC7 recepita del tutto in Italia con il D. lgs 32/2023 ha l’obiettivo di mettere un freno all’evasione fiscale legata all’economia online obbligando le piattaforme digitali a comunicare i dati sugli introiti degli utenti. In questo contenuto, anche a fronte del recente provvedimento dell’Agenzia dell’Entrate che fissa i termini e le regole per l’invio dei dati delle vendite sulle piattaforme verso il fisco, vediamo nel dettaglio cosa cambia per chi lavora online.
La DAC7 è una direttiva UE che ha lo scopo di contrastare l’evasione fiscale delle attività online attraverso lo scambio di informazioni sulle vendite tra le piattaforme che permettono di guadagnare online e le diverse autorità fiscali dei paesi dell’Unione. Questa normativa si inserisce perfettamente all’interno nel nostro periodo storico in un cui l’economia digitale sta avendo una crescita esponenziale.
Attraverso la direttiva dal 1° gennaio 2023 i cosiddetti Gestori delle piattaforme digitali avranno l’obbligo di raccogliere e verificare le informazioni dei venditori presenti sulla propria piattaforma comunicandole alle autorità fiscali nazionali.
Queste informazioni aiuteranno dunque l’Agenzia dell’Entrate di turno a verificare la veridicità del volume d’affari dichiarato dai contribuenti e favorire le eventuali attività di accertamento fiscale combattendo l’evasione.
Le piattaforme a cui ci si riferisce all’interno della normativa sono i maggiori colossi del web che sono definiti appunto come gestori di piattaforme digitali, tra tutte possiamo annoverare: Amazon, Twitch, Ebay, Onlyfans, AirnBnb, Booking, ecc…
I gestori di piattaforme digitali declinati all’interno del DAC7 hanno una connotazione molto ampia. Sono individuati in tutte quelle entità che svolgono attività commerciale all’interno dell’Unione e che stipulano con gli utenti (i cosiddetti venditori) dei contratti dove mettono a disposizione la loro piattaforma per generare dei guadagni. Ci si riferisce dunque a tutti quei marketplace (Amazon, Ebay, Vinted ecc…) o piattaforme di streaming (Twitch), piattaforme che permettono la locazione di immobili (AirBnb, Booking) , noleggio di veicoli, ecc…. Più in generale si parla di piattaforme digitali che permettono agli utenti di commerciare beni o servizi e generare un reddito professionale e non.
I venditori oggetto dello scambio di informazioni tra le piattaforme e le autorità fiscali non sono altro che gli utenti che lavorano e fruiscono della piattaforma traendone dei profitti.
Nello specifico gli interessati sono coloro che hanno svolto un’attività e un guadagno rilevante attraverso le piattaforme.
Per attività rilevanti si intendono: locazione di immobili, servizi personali, vendita di beni e noleggio di mezzi. (Già da queste attività si denota senza troppi problemi quali sono le piattaforme interessate dallo scambio di informazioni).
Per venditori che hanno avuto un guadagno rilevante si intendono invece quegli utenti che attraverso la piattaforma abbiano concluso più di 30 transazioni per un corrispettivo superiore a 2.000 euro.
Ovviamente questo non deve essere frainteso come: “ho fatto meno di 30 vendite e meno di 2.000 € quindi non devo mettermi in regola aprendo la mia partita iva“. I canoni dell’apertura di una partita iva rimangono sempre i medesimi e sono l’abitualità e continuità della propria attività. Se quindi metto online dei prodotti attraverso uno store su una piattaforma digitale la partita iva serve sin da subito e la normativa DAC7 mi interessa.
Quali sono i dati da comunicare per le piattaforme digitali sono informazioni piuttosto semplici o che comunque spesso già in possesso delle stesse.
Oltre ai dati anagrafici le informazioni che le piattaforme comunicheranno saranno anche i dati relativi al volume d’affari prodotti all’interno della piattaforma se ricorrono i requisiti previsti che ricordiamo sono:
Al di sotto della soglia non sarà prevista alcuna comunicazione.
Il trasferimento delle informazioni dovrà poi essere eseguito entro il 31 dicembre di ogni anno.
Attraverso quindi tali informazioni e il monitoraggio dei guadagni le diverse autorità nazionali potranno incrociare le informazioni ricevute dalle piattaforme con quelle ricevute con le dichiarazioni dei contribuenti.
Cosa cambia per chi lavora online è abbastanza chiaro. Non si può più fare a meno di non dichiarare le proprie informazioni personali e i propri introiti. Eventuale incompletezza di informazioni nella comunicazione verso le piattaforme, le quali rischiano delle sanzioni, pregiudicano senza dubbio l’utilizzo per gli utenti della piattaforma stessa che potrebbero vedersi chiuso o sospeso l’account.
Visto dunque l’elevato volume d’affari dell’online, l’Unione Europea così come le autorità nazionali ricercano nelle piattaforme collaborazione per la comunicazione dei dati per sorvegliare l’evasione all’interno delle piattaforme stesse.
Nel concreto, dal punto di vista pratico, gli utenti avranno sicuramente riscontrato da parte delle piattaforme la necessità di compilare un modulo di conferma o aggiornamento dei propri dati fiscali e l’ informativa dell’attuazione della comunicazione dei dati richiesti dalla normativa. Nulla di più.
Nella sostanza dunque c’è da sapere solo che verranno, se già non lo erano prima, comunicati i dati sulle vendite di ciascun utente alle autorità fiscali nazionali.
In Italia, l’Agenzia dell’Entrate con il provvedimento 406671/2023 del 21 novembre ha fissato definitivamente i termini e le regole per l’invio dei dati. Nello specifico, entro il 31 gennaio 2024, i gestori delle piattaforme residenti in Italia devono comunicare i dati sulle vendite di beni e prestazioni di servizi sulle proprie piattaforme.
Successivamente, entro il 29 febbraio, l’Agenzia dell’Entrate stessa le condividerà e riceverà a sua volta dagli altri paesi UE le informazioni sulle vendite effettuate da utenti residenti in Italia.
Attraverso tali informazioni quindi il fisco farà il suo corso verificando la congruenza dei dati ricevuti con quelli dichiarati dai contribuenti.
Concludendo, l’era del commercio online senza regole e controlli sembra volgersi al termine. Cercare fortuna online pensando di evitare tasse e fisco, oltre che illegale, è diventato molto rischioso. La volontà del legislatore è abbastanza chiara. Con la DAC7 si cerca in toto di trasformare i player del digitale, in collaboratori che sorvegliano gli utenti con le loro stesse piattaforme.
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