Secondo una recente ricerca sul web, l’interesse da parte degli utenti dei cosmetici green e sostenibili è aumentato nel 2020, segnando un ben +35,3%. Quello della cosmetica biologica è un settore su cui bisognerebbe scommettere, sebbene la pandemia abbia ridotto in generale le vendite di prodotti di bellezza. Si sa, comunque, che in attesa della ripresa economica sarà opportuno prepararsi, dal momento che la rivoluzione green coinvolgerà verosimilmente anche quest’ambito.
Prima di addentrarci, mediante questo contributo, nella crescita del business della biocosmesi su Internet, vale la pena dare un’occhiata all’universo che circonda questo settore. L’aumento dell’interesse verso i prodotti bio, almeno sul web, è certamente accompagnato da una sensibilità crescente nei confronti di tutto ciò che si ritiene indispensabile per rallentare il cambiamento climatico.
È, infatti, indiscutibile che l’ondata verde stia per modificare sempre di più alcuni comportamenti umani, specialmente se questi sono anche consumatori, ormai attenti all’impatto ambientale che determinati prodotti possono avere.
In un periodo di crisi sanitaria, con effetti che potrebbero risultare devastanti anche dal punto di vista economico e sociale, bisogna tenersi pronti per cogliere anche quelle occasioni che potrebbero presentarsi una volta messo in atto le politiche dei governi per fermare il “climate change”.
La biosmesi, dunque, potrebbe rappresentare l’opportunità per creare il proprio business. Ma di cosa si tratta? Continuiamo la lettura per scoprirlo.
La biocosmesi (o cosmetica biologica) è un genere di cosmetica che utilizza degli ingredienti derivanti in prevalenza dall’agricoltura biologica. Per comprendere se un prodotto di cosmesi sia o meno in linea con i criteri che certificano la loro sostenibilità ambientale e, dunque, contengano delle sostanze chimiche di origine naturale, occorre affidarsi a degli enti certificatori.
Questi ultimi sono degli organismi privati, i quali forniscono alle aziende che lo richiedono certificazioni biologiche (non obbligatorie) che stabiliscono però solo l’origine degli elementi che compongono un prodotto, ovvero se sono naturali o biologici (vi è una differenza che sveleremo più avanti).
Non rientra tra i compiti di questi enti certificatori, invece, esprimersi sul fatto se siano biodegradibili oppure no. Quest’ultimo, è un problema che investe i cosmetici in generale, perché ritenuti più inquinanti addirittura dei detersivi e su cui il noto movimento Greenpeace ha condotto diversi report (l’ultimo sarà descritto in un successivo paragrafo).
La differenza tra i cosmetici naturali e biologici consiste nella loro provenienza. Infatti, i prodotti della biocosmetica sono composti da ingredienti derivanti dall’agricoltura biologica, cioè senza l’utilizzo di pesticidi o fertilizzanti. Inoltre, l’assenza di protezioni chimiche è un altro requisito per ottenere la certificazione di cosmetico biologico.
I cosmetici naturali sono quelli che includono tra i loro ingredienti principali l’acqua, il sale, l’argilla, le erbe selvatiche, le bacche. Anche gli ingredienti di origine animale, come la cera d’api e il miele, sono ingredienti naturali.
Se, inoltre, i prodotti, pur contenendo degli ingredienti naturali, non sono coltivati secondo gli standard di coltivazione biologica, non possono essere certificati come biologici.
Per ottenere poi le certificazioni naturali e biologiche, i prodotti sottoposti a verifiche degli enti certificatori devono dimostrare che non vengano fatti dei test sugli animali (utilizzati spesso da cavie nella cosmetica). Tra gli ingredienti che vengono per lo più esclusi vi sono quelli geneticamente modificati, parabeni e ftalati, colori e profumi sintetici.
I parametri che gli enti certificatori richiedono alle aziende per stabilire se i loro prodotti sono da considerarsi biologici o naturali possono essere diversi e già ne abbiamo anticipati alcuni. Oltre ad una serie di sostanze vietate, riportate in una lista, spesso è richiesto l’impiego di ingredienti agricoli e zootecnici, l’esclusione degli Ogm e delle radiazioni ionizzanti.
Altro criterio base è quello relativo all’imballaggio dei prodotti, il quale deve essere costituito da materie prime rinnovabili, riciclabili o collegati ad un sistema di restituzione dei vuoti. Per ridurre l’impatto ambientale viene poi sconsigliato l’impiego delle confezioni singole dei prodotti.
Dunque, tra gli elementi considerati dagli organismi certificatori vi sono anche la scarsa tossicità ed assenza di effetti indesiderati sull’uomo e la dermocompatibilità. Per tale motivo vengono effettuati dei test dermatologici e microbiologici che garantiscono la presenza nei prodotti di ingredienti puri e adatti a pelli sensibili e allergiche.
Occorre precisare che, tuttavia, per ottenere la certificazione biologica il prodotto non deve contenere per forza una percentuale pari al 100% degli ingredienti necessari, anche se, ad esempio, all’interno dell’etichetta è indispensabile inserire che è presente una determinata percentuale di ingredienti proveniente da agricoltura biologica e una di origine naturale.
La crescita della biocosmesi ha superato, e di molto, quella della cosmesi tradizionale negli ultimi anni. Dati recenti, infatti, mostrano che mentre la prima si è attestata al 20% la seconda ha registrato un aumento soltanto del 2% . Il prodotto per così dire a base naturale che ha ottenuto migliori risultati nelle vendite è la crema per il viso naturali (il18,66%).
Ma, come sappiamo, non è tutto ora quello che luccica, specialmente in un periodo in cui l’impatto della pandemia sul settore ha avuto degli effetti negativi. Ciononostante, una ricerca condotta dal Centro Studi di Cosmetica Italia ha mostrato che il comparto ha saputo reagire, limitando i segni negativi dei saldi più del previsto.
Il fatturato della cosmetica, in generale, ha superato i 10 miliardi di euro nel 2020, con un calo a livello mondiale del 12,8% rispetto al 2019 . In Italia, il mercato interno ha subito una perdita del -9,6%. Le esportazioni hanno registrano un -16,5% ed hanno raggiunto un valore di oltre 4 miliardi di euro. Nel 2021 è attesa la ripresa del comparto perché il cosmetico è ancora considerato un bene indispensabile.
Infatti, anche dall’ultimo report condotto dalla piattaforma di shopping idealo sugli acquisti online, viene evidenziato che il settore ha ottenuto buone percentuali nell’anno colpito dalla pandemia: tinte e colorazioni per capelli (+264%), accessori per capelli (+86,1%), prodotti per lo styling (+79,6%) e per l’hair care (+48,8%), le spazzole (+8,2).
La cura per il corpo, poi, ha ottenuto importanti referenze sul web: +170,3%per manicure e cura unghie, +28% per deodoranti e +22,8% per i profumi da donna. Tra gli argomenti più seguiti, invece, vanno citati quelli che trattano la bellezza coreana (+134,8%), la skin care (+126%) e i cosmetici green e sostenibili (+35,3%).
Come si può notare, quest’ultimo tema sta al passo con l’attualità politica e sociale, sempre più sensibili al rispetto per l’ambiente. Il mese scorso Greenpeace ha reso pubblico il report “Il trucco c’è ma non si vede” per sensibilizzare i consumatori sull’utilizzo delle microplastiche all’interno delle formulazioni dei prodotti cosmetici.
Su 14 prodotti di 11 brand di make–up famosi presenti sul mercato italiano, l’indagine dell’associazione ambientalista ha illustrato che solamente uno dei marchi in esame esclude dai suoi prodotti siliconi, parabeni, conservanti e microplastiche per l’appunto.
Quindi, la biocosmesi può rappresentare un ottimo business dal quale trarre dei vantaggi in termini economici. Come è possibile avviare un’attività in questo settore? Esistono diverse opzioni. Tra le varie possibilità, consigliamo quella di aprire il negozio online di prodotti biocosmetici.
Per farlo bisognerà affidarsi ai professionisti del web marketing, essenziali per la realizzazione del sito, scegliere seri fornitori dei prodotti da inserire nel portale dell’e-commerce e dei corrieri testati per le spedizioni.
Una delle soluzioni per cercare di guadagnare con la merce presente nella vetrina sul web consiste nella creazione di un programma di affiliazione online, o per meglio dire di affiliate marketing, di cui abbiamo parlato in un altro nostro contenuto.
Tramite questo strumento saranno gli stessi clienti a promuovere i prodotti sui social. In cambio, gli si dovrà riconoscere una percentuale sulle vendite (che può variare dal 2% al 10% a seconda del programma di affiliazione al quale si aderisce).
Un altro modo per cercare dei profitti consiste nell’attività promozionale da effettuare mediante l’utilizzo dello strumento dei buoni sconti, destinato ai clienti “fedeli” o che hanno già fatto degli acquisti sul sito e-commerce. In tal modo saranno incentivati a ritornare a visitare la pagina e, quindi, la vetrina del negozio online per scoprire se sono presenti prodotti appetibili ed offerte interessanti.
Ricordiamo di dotare il portale di un sistema di pagamento semplice. Questo farà sì che i clienti rimangano soddisfatti dell’intero servizio.
Poi, c’è un’altra possibilità, quella costituita dal franchising online. Esistono diverse esperienze nel campo della vendita di prodotti naturali con un investimento iniziale di 15 mila euro. Ovviamente, a fronte di questo esborso, vi è un ritorno in termini economici. Si può infatti puntare fino ad aspirare guadagni che superano le 10 mila euro al mese.
Questa scelta è la più indicata se si è alla prima esperienza, ma non va neanche esclusa la possibilità di aprire un negozio fisico in franchising che, per ovvie questioni, richiede un budget più elevato che può attestarsi intorno ai 40 mila euro con l’obbligo di disposizione di un locale intorno ai 50 mq. Tutto dipende dalle proprie possibilità ed esigenze.
Chiaramente, in tutti i casi, per iniziare a vendere sarà necessario aprire la partita iva.
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