Con una recente sentenza, la n. 30345 del 18/2017, la corte di cassazione ha decretato l’obbligatorietà dell’iscrizione alla gestione separata per i professionisti già dipendenti. Nello specifico la sentenza era rivolta al caso specifico di un architetto che svolge attività autonoma ed allo stesso tempo era un dipendente pubblico. Nel contenuto odierno analizzeremo la situazione del professionista già dipendente che svolge un’attività libero professionale in proprio e vedremo quali sono i risvolti normativi che stanno alla base della decisione della corte di cassazione.
In diversi contenuti precedenti abbiamo già affrontato, il tema del lavoratore dipendente che vuole avviare una propria attività senza lasciare il proprio posto di lavoro. Ribadiamo che questa condizione è possibile e anche in questo caso, avendo certi requisiti, il regime forfettario è la soluzione più conveniente. In queste situazioni però, il problema ricorrente è determinato dal punto di vista previdenziale. I professionisti infatti, nello specifico quelli con cassa (architetti, avvocati, ingegneri), qualora lavorino anche nel settore pubblico spesso non sanno a quale istituto versare i propri contributi derivanti dal reddito da lavoro autonomo.
Come sappiamo, i professionisti, iscritti ad un albo, quando svolgono la propria attività in maniera professionale hanno l’obbligo di iscrizione alla propria cassa di previdenza. Fin qui non ci sono problemi. I problemi sorgono nel momento in cui il professionista è anche lavoratore dipendente. In questo caso, il dubbio riguarda l’ente previdenziale al quale il professionista deve fare riferimento e versare i propri contributi.
Nel caso di contemporaneità di lavoro dipendente e attività libero professionale autonoma, la contribuzione INPS denota delle particolarità. Sostanzialmente i casi da valutare sono due:
Vediamo quali sono i risvolti a livello previdenziale delle due situazioni.
Nel caso dei professionisti non ordinicistici (fisioterapisti,consulenti marketing, per esempio) per i quali non esiste una cassa di previdenza di riferimento, nonostante il pagamento dei contributi in qualità di lavoratore subordinato, è previsto l’obbligo di iscriversi alla gestione separata INPS. La situazione che si viene a creare è quella di doppi contribuzione.
Per il professionista del caso però si ha una piccola agevolazione, infatti egli non contribuirà in maniera intera (25,72%) ma la sua aliquota di riferimento sarà del 24%.
In generale come anticipato, se l’attività di lavoro autonomo prevede l’iscrizione ad un albo o elenco professionale (per esempio le professioni di avvocato, architetto, ingegnere, ecc.), non si dovrà richiedere l’iscrizione alla gestione separata INPS ma, il professionista sarà obbligato all’iscrizione alla Cassa di previdenza di appartenenza. Tuttavia, spesso le casse di previdenza non danno la possibilità di iscrizione alla cassa al professionista se già dipendente.
Nella sentenza della corte di cassazione citata in apertura, infatti, l’architetto in esame, essendo già dipendente pubblico ed avendo già una propria posizione contributiva non poteva iscriversi alla propria cassa professionale, INARCASSA. L’architetto quindi, per il versamento dei contributi ai fini previdenziali derivanti dall’attività autonoma era tenuto ad iscriversi alla gestione separata INPS. Si ritorna quindi al caso esposto prima, quello del professionista senza cassa. Il riferimento normativo in questione, a cui fa riferimento anche la corte di cassazione, è l’art.18 della Legge 111/2011 che ha introdotto una norma di interpretazione autentica della Legge 335/1995.
Inoltre, nel caso specifico dell’ingegnere/architetto, sui compensi derivanti dalla libera professioni (svolta con partita IVA), questi è tenuto al pagamento di un contributo del 4% ad INARCASSA anche se non iscritto.
Nella legge viene affermato che:
Facciamo due esempi per chiarire ulteriormente la situazione.
L’annosa questione della contribuzione alla gestione separata INPS da parte degli architetti e ingegneri dipendenti per i proventi della loro libera professione non è del tutto terminata.
Nell’esercizio parallelo della loro libera professione al lavoro dipendente infatti, architetti ed ingegneri, oltre al versamento dei contributi alla gestione separata sono soggetti al versamento di un contributo del 4% a INARCASSA relativo ai compensi derivanti da tale attività.
A seguito di molte sentenze che non hanno ancora portato ad una risoluzione definitiva nelle modalità contributive di questi professionisti, Inaredis (sindacato degli ingegneri ed architetti dipendenti-liberi professionisti) da molto tempo, porta avanti la questione. (anche attraverso una lettera al Presidente della Repubblica)
Molte tra le sentenze in merito, tra cui anche una del tribunale di Roma, danno ragione ai i professionisti che ribadiscono di non dover versare i propri contributi anche alla gestione separata in quanto già versano un contributo integrativo ad INARCASSA per i ricavi dalla libera professione.
La sentenza della Cassazione citata in apertura (n. 30345 del 18/2017) ribalta gli orientamenti della maggior parte della giurisprudenza che da ragione alla categoria dei professionisti a dispetto dell’INPS. Secondo la Cassazione infatti, il versamento del contributo integrativo non presuppone la creazione di una posizione previdenziale tale da permettere ai professionisti, che lavorano già come dipendenti, di non versare i contributi alla gestione separata per l’eventuale attività libero professionale.
In ogni caso, la questione sulla contribuzione di questa numerosa categoria di professionisti non è assolutamente chiusa e del tutto in divenire.
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