L’oceano delle start up deve far fronte ogni giorno alla crescente concorrenza. Chi vuole tuffarsi nel mare dell’imprenditoria, senza rischiare di essere mangiato dai pescecani, deve bene organizzarsi e valutare se tuffarsi nel business su cui si vogliono investire risorse ed energie risulti nel tempo affidabile, oltre che realmente remunerativo.
Lanciare una startup è, dunque, un’impresa non sempre semplice. E, soprattutto, non lo è se non si ha una chiara visione sul tipo di prodotto o servizio che si desidera apportare sul mercato. Possiamo, infatti, essere stati folgorati dal miglior lampo di genio della storia dell’umanità, ma la domanda è: “siamo in grado di materializzare la nostra brillante idea?”
Siamo disposti a condividerla con altri? Sì, condividere.
Infatti, se si è alle prime armi, una delle precauzioni da prendere, prima di salpare alla scoperta di terre sconosciute, è proprio questa: non affrontare l’ignoto da soli. Spesso, i suggerimenti da parte degli esperti del settore, per chi vuole imbarcarsi in questa avventura, riguardano le cose da non fare perché, rispetto a quelle che si devono fare, rimangono meglio impresse nella nostra mente. Allora, prima di partire, appuntiamo sul nostro diario di bordo i 10 errori da evitare se decidiamo di fondare una startup. Scrutiamoli insieme.
È il primo consiglio che abbiamo già preannunciato. Varcare le colonne d’Ercole da soli non è una strada che suggeriamo di percorrere. Infatti, gli osservatori del mondo delle startup sono per lo più concordi nel ritenere che l’impresa singola sia la principale opzione da escludere quando si ha intenzione di fondarne una. “L’unione fa la forza” è un motto tanto antico quanto collaudato. La presenza, infatti, di più fondatori, oltre a distribuire gli eventuali rischi da affrontare, consente al gruppo di dotarsi di un’anima che spesso dà il “la” all’armonia del corpo. Bisogna, tuttavia, stare attenti ad eventuali dissidi. Per questo è fondamentale anche decidere chi farà parte della nostra ciurma: conoscenti, parenti o perfetti estranei? Dobbiamo calcolare il rischio del fallimento che potrebbe compromettere rapporti duraturi. Perché si sa, come recita un famoso ritornello, “Amici come prima mi costa una fortuna”.
Un ulteriore faraglione che dovremmo scansare è certamente quello di affidarci alle idee già testate. Vero è che scopiazzare qualcosa che funziona non hai mai fatto male a nessuno, e sotto alcuni punti di vista potrebbe rassicurarci ed evitarci salti nel buio. Però, è anche vero che i primi a credere nelle potenzialità del nostro progetto dovremmo essere proprio noi. A scuola, ce lo siamo sentiti dire diverse volte “Chi fa da sé fa per tre”. Non possiamo contare solo sulle scoperte degli altri, se vogliamo portare sul mercato una novità che risulti credibile. Da non sottovalutare poi il rischio che “l’usato garantito” possa non piacere ai più. Se ci ragioniamo un po’ su, ci accorgeremo che lanciare un’idea démodé non è una grande genialata. Dobbiamo evitare che il nostro piano riguardi una nicchia di persone, ma allo stesso tempo pensare alle grandi idee, difficili da gestire, senza venire a capo dei rebus che gli utenti potrebbero porci. Per tale motivo, cercando di bilanciare questi due azzardi, la migliore soluzione potrebbe riguardare le idee che ci coinvolgono in prima persona. Partire da nostri problemi, dunque. Da non banalizzare, infine, la questione morale. Vogliamo davvero presentarci come dei mimi seriali? Ricordiamoci che la prima impressione è sempre quella che conta. Agghindiamoci al meglio!
Abbiamo detto di stare attenti al fatto che la nostra possa tradursi in un’idea di nicchia. È ancora peggio se abbiamo scovato un progetto appetibile, ma non abbiamo in mente un target specifico. A chi dobbiamo vendere il nostro prodotto? A quali aziende vogliamo offrire il nostro servizio? E perché dovrebbero scegliere proprio noi in questa vastità di startup? La maggior parte dei professionisti del settore sono d’accordo nel considerare aziende di successo quelle che mettono al primo posto i propri clienti. Come dimenticarsi di loro? Insomma, è uno degli errori madornali che potremmo compiere. Per non incappare in tale disattenzione, è opportuno fare la cosa più semplice per chi gravita nel mondo dell’impresa: una ricerca di mercato. In poche parole, occorre documentarsi sui bisogni dei nostri utenti, capire chi siano: bambini, giovani, adulti, uomini, donne, single, sposati, occupati, disoccupati, professionisti, aziende piccole, medie, grandi, istituzioni. Nulla deve essere lasciato al caso. Chiaro, se la nostra rete di clienti sarà eterogenea, avremo fatto una buona pesca!
Sul podio dei consigli, abbiamo messo al primo posto la necessità di evitare di fondare una startup in piena solitudine, ma abbiamo anche avvertito che bisogna scegliere il proprio team con cautela, per non rovinare legami più o meno affettivi. Nel nostro compito di screening, dobbiamo fare attenzione ad un altro inconveniente: non possiamo condividere il nostro progetto o reclutare personale che non sia alla nostra altezza o che non abbia, oltre alla buona preparazione, anche una visione medesima sui risultati da raggiungere. Cosa bisogna fare, quindi, durante la selezione dei nostri collaboratori? Il tipo di remunerazione è fondamentale. Uno dei suggerimenti è quello di escludere un salario fisso e retribuire le persone mediante incentivi, in modo tale da farle sentire parte del progetto a cui devono prestare il proprio impegno. Inoltre, specialmente all’inizio di un’attività, occorre circondarsi di gente che sia versatile nel lavoro e disponibile non solo a svolgere il classico compito d’ufficio, ma cercare una strategia di marketing che attragga clienti.
Ma qual è il luogo più adatto dove far nascere la nostra startup? Di sicuro le imprese sorgono principalmente dove si trovano le competenze. Il mito della Silicon Valley, l’area a sud della California che ospita una moltitudine di startup super tecnologiche, è il massimo esempio da prendere in considerazione. Si tratta di una zona, però, circondata da metropoli, in cui non mancano servizi, lussi e musei. Ovviamente, è anche situata in una baia in cui sono presenti importanti poli universitari. Tutto questo attira investitori e ricercatori. Stiamo parlando del “Top of the pops” delle società internazionali che si occupano di innovazione. Un luogo, quindi, da cui attingere stimoli importanti. Per tale ragione, nella scelta della location in cui intendiamo stabilire il cuore della nostra startup, dobbiamo tenere in conto il tessuto sociale, culturale e tecnologico che dovrebbe circondarla. Una cattiva location potrebbe, quindi, non offrirci spunti tali da far sviluppare le nostre idee.
“Quanta fretta, ma dove corri, dove vai?”. Abbiamo capito di avere trovato un progetto formidabile, ma non dobbiamo correre il rischio di lanciare la nostra idea in maniera prematura. Sappiamo, infatti, che nel mondo dell’imprenditoria il tempo è un fattore indispensabile e i margini di errore devono essere ridotti al minimo. Il successo o meno di un nuovo prodotto o di un nuovo servizio dipende dal momento giusto in cui presentarlo al pubblico.
Sicuramente, non dobbiamo per forza spaccare il secondo, ma cogliere il minuto esatto in cui far uscire ciò che abbiamo per mesi, se non anni, programmato è fondamentale. Per questo, durante la pianificazione per un ottimo lancio, dobbiamo prendere in seria considerazione la pubblicità su cui intendiamo puntare. Occorre una profonda riflessione. Evitiamo le improvvisazioni perché, si creda o no, le potenzialità della réclame sono tutt’oggi più che testate.
La testardaggine non sempre è una buona consigliera. Figuriamoci l’ottimismo irriducibile. Non condanniamoci a vagare da soli nelle acque dell’oceano senza mai vedere terra. Non dobbiamo trasformare il nostro viaggio, per trovare la chiave giusta del fortino delle migliori idee, in un’impresa titanica. Se ci rendiamo conto che non stiamo andando da nessuna parte, che ritorniamo al luogo di partenza, beh, l’unica cosa giusta da fare è abbandonare il piano. Sembra, infatti, che l’idea originaria sia stata accantonata anche dalle startup che hanno fatto un vero e proprio boom! D’altronde, cambiare strada può aprirci a nuovi e più sicuri orizzonti. Allora, cerchiamo di non precluderci mai altre possibilità e muniamoci sempre di un piano B, una scialuppa che può condurci in salvo verso un atollo ricco di altre opportunità. La positività è questa: non arrendersi a un destino già segnato. Il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è (Buddha).
Finalmente, siamo riusciti a lasciare la banchina del porto a cui era attraccata la nostra startup. Abbiamo un buon prodotto, un buon servizio. Cosa dobbiamo fare per non rimanere in rada? Aprirci ai possibili investitori. Autofinanziarsi per la propria campagna potrebbe risultare faticoso, specialmente all’inizio del nostro viaggio, perché per mettere su la startup abbiamo già speso troppo. Dagli investitori, inoltre, potrebbero arrivare anche delle illuminazioni importanti per il futuro del nostro progetto. Ovviamente, non dobbiamo lasciare il timone dell’impresa a loro. Il capitano della nave è il fondatore (o i fondatori se più di uno) della società. In Italia per le startup innovative esistono diverse opportunità di finanziamento. Ricordiamo che è attivo il Fondo Centrale di Garanzia, la garanzia da parte dello Stato nei confronti di una banca a cui si richiede un prestito. Esistono, poi, premi, finanziamenti pubblici,
il Crowdfunding, il Venture Capitalist e i più importanti: la famiglia e gli amici. Sì, loro storicamente sono il nostro salvagente nel mare in tempesta.
Qual è il prezzo giusto per concludere il nostro affare? Prima di trovare la soluzione al quesito, dobbiamo porci un’altra domanda. Siamo disposti a spendere parte del nostro tempo per cercare di fare degli affari? Se abbiamo, infatti, individuato i nostri utenti, dobbiamo passare alla fase di fissazione del prezzo. Per compiere tale attività dobbiamo, anche in questo caso, dotarci di una strategia perché è indispensabile per tenere in vita la nostra startup, farla galleggiare per poi spiegare le vele e continuare a navigare serenamente. Il giusto prezzo, dunque, è quello che deve garantire la sopravvivenza della nostra startup. Inoltre, una volta realizzata la nostra idea è opportuno ricavarne un utile. Ricordiamoci anche che nel tempo tale strategia va rivista parallelamente ai diversi contesti che possono manifestarsi nel corso della crescita della nostra impresa. Perché questo è l’obiettivo di chi si propone di costituire una startup: progredire nel tempo.
Ultimo errore da evitare. Abbiamo appena detto che il nostro sforzo deve essere teso alla nostra crescita e questo sforzo non può essere fatto a metà. Se pensiamo di dedicare al nostro progetto solo una parte del nostro tempo, consigliamo di abbandonare l’idea. Fondare e mandare avanti una startup non è un gioco da ragazzi, un passatempo. Si tratta di un lavoro faticoso, che spesso prosciugherà anche le nostre energie. Quindi, non bastano solo le buone intenzioni per mettere su la nostra impresa, dobbiamo dedicare anima e corpo all’obiettivo che vogliamo perseguire. Un’impresa part time, a nostro avviso, potrebbe farci colare a picco o trasformare la nostra brillante idea in un relitto sepolto nelle sabbie di uno dei tanti cimiteri di startup sparsi per il mondo.
Se vogliamo davvero che la nostra idea funzioni, il segreto per il successo è sì provarci, ma teniamo a mente i suggerimenti appuntati sul nostro diario di bordo.
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