Oggi ci occuperemo di una professione relativamente giovane sul palcoscenico italiano, quella del dietista. Nello specifico vedremo quando è obbligatorio procedere all’apertura partita IVA per dietista e quali sono i risvolti fiscali e contributivi di svolgere questa attività professionalmente. Per prima cosa vediamo chi è il dietista e di cosa si occupa.
Il dietista è l’operatore del mondo sanitario che è competente per tutte quelle attività finalizzate alla corretta applicazione dell’alimentazione comprendendo gli aspetti educativi e di collaborazione per l’attuazione delle politiche alimentari che sono vigenti. Per diventare dietista è necessario conseguire una laurea triennale in dietista inoltre, l’esame finale di laurea ha valore abilitante all’esercizio della professione.
Una volta abilitato il dietista può svolgere professionalmente la propria attività in forma autonoma aprendo la propria partita IVA.
Il tema dell’obbligatorietà dell’apertura della partita IVA è stato diverse volte affrontato nel nostro blog tuttavia, noi ci stancheremo mai di ripetere quando scatta l’obbligo di aprire la partita IVA.
Siamo sicuri che sul web o da amici o conoscenti, avete sentito che non è obbligatorio aprire la partita IVA se non si supera il limite di € 5.000 annui. Cosa assolutamente falsa. La ragione per cui si è costretti ad aprire la partita IVA per dietista, così come per tutte le altre professioni è l’abitualità e la continuità dell’attività.
Fino a quando la vostra attività da dietista è svolta in modo del tutto occasionale, potrete tranquillamente lavorare attraverso il nuovo contratto di prestazione occasionale “prestO” oppure rilasciando la classica ricevuta di prestazione occasionale con ritenuta d’acconto.
Nel momento in cui la vostra attività diventa abituale e continuativa, cioè si lavora con regolarità, stabilità e sistematicità nasce l’obbligo di aprire la partita IVA anche se guadagnate una cifra inferiore a 5 mila euro annui.
Ribadiamo infatti che non esiste nessun limite di fatturato superato il quale diventa obbligatoria la partita IVA. L’obbligo, come scritto prima, deriva dalla abitualità e continuità del proprio lavoro.
Determinato quando è obbligatorio aprire partita IVA per il dietista, il passo successivo è quello di individuare quale sia il regime fiscale più adatto alla propria situazione. Per chi decide di aprire una nuova partita IVA senza dubbio il regime fiscale con il carico fiscale più basso è il regime forfettario. Per poter aderire a tale regime ci sono però dei requisiti da rispettare:
Ricordiamo che fino al 2022 il tetto massimo di reddito era di € 65.000 che è stato innalzato a € 85.000 con l’approvazione della legge di bilancio 2023.
Attenzione però! Sono previste delle cause di esclusione dal regime forfettario (anche se si è in possesso dei requisiti elencati sopra) ai sensi dell’art. 1, comma 57, legge n. 190/2014. Nel caso specifico del dietista:
Una volta constatato di avere i requisiti per aderire al regime forfettario, si potrà procedere ad aprire la partita IVA.
Verificati i requisiti per il regime forfettario, la partita IVA si può aprire recandosi all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, compilare il modello AA9\12 e consegnarlo agli impiegati allo sportello. La fase di compilazione è molto delicata in questa fase si dovrà indicare l’eventuale adesione al regime forfettario e si dovrà anche scegliere il codice ATECO che indica l’attività che si andrà a svolgere.
Ricordiamo che il dietista è uno di quei professionisti sprovvisti di cassa di previdenza e di conseguenza per il suo trattamento previdenziale obbligatorio capo alla gestione separata INPS.
Sembra tutto facile tuttavia, aprire una partita IVA non è così semplice come appare. Aprirla è solo il primo passo dopo di che questa deve essere anche gestita. Degli errori in sede di apertura come la scelta del regime fiscale o del codice ATECO sbagliato possono costare caro. Consigliamo sempre di affidarsi ad un professionista, egli si capirà la tua situazione e saprà consigliarti la soluzione migliore.
Il regime forfettario è un regime fiscale esente da IVA. Nelle fatture del dietista quindi non sarà presente l’IVA. La mancanza dell’IVA oltre ad una maggiore competitività all’interno del mercato perché permetterà di applicare prezzi più bassi per le proprie prestazioni porterà anche ad un risparmio dal punto di vista del professionista che seguirà il dietista nella gestione della partita IVA. Questo perché l’assenza di IVA semplifica molti adempimenti del commercialista.
Un altro dei vantaggi del regime forfettario è la presenza di un’imposta sostitutiva con un’aliquota molto bassa del 5% o 15% a seconda se si aderisce al regime forfettario start-up o meno. La presenza di un’imposta sostitutiva significa che non si pagheranno né IRPEF, IRAP o altre imposte addizionali. Si dovrà pagare solo un’imposta.
Il regime forfettario, oltre ad essere esente IVA, è esente anche dalla ritenuta d’acconto. Con questo, regime non si dovrà inserire nessuna ritenuta d’acconto in fattura in quanto il dietista è soggetto ad un’unica imposta sostitutiva sui suoi ricavi che dovrà versare egli stesso. Ne consegue che su qualsiasi fattura verrà incassato il 100% dell’importo.
Il dietista in regime forfettario pagherà sul reddito imponibile, determinato moltiplicando i ricavi percepiti con il coefficiente di redditività previsto per il suo codice ATECO, un’imposta in misura pari al 15%.
Ricordiamo che nel caso di start-up, invece, è prevista una riduzione dell’aliquota d’imposta che sarà pari al 5% anziché al 15% per i primi cinque anni dall’avvio dell’attività, dopodiché si passerà all’aliquota normale del 15%.
Facciamo subito un esempio.
Ipotizziamo che il nostro dietista startup, nel suo primo anno di attività, raggiunga un fatturato annuale di: € 14.000
Coefficiente di redditività previsto per il dietista: 78%
Calcolo delle imposte: (14.000 * 78%) x 0,05 = € 546
Riguardo la parte dei contributi previdenziali, essendo il dietista sprovvisto di una propria cassa di previdenza saranno versati alla gestione separata INPS. L’aliquota contributiva della gestione separata INPS è del 25,72 % da calcolare, almeno per il primo anno sullo stesso imponibile definito sopra. Inoltre, ricordiamo che per i contribuenti che fanno capo alla gestione separata INPS non c’è una quota fissa annuale da pagare. Il dietista infatti, verserà contributi solo se avrà conseguito dei ricavi.
Ipotizziamo sempre un calcolo approssimativo con il nostro dietista che ha un fatturato di € 14.000.
Fatturato € 14.000
Calcolo dei contributi previdenziali: (14.000 x 78%) x 25,72% = Euro 2.808,62
Nota importante! Nel caso in cui il professionista decide di aprire la partita IVA ad esempio nel 2020, imposte e INPS relativi al 2020 saranno pagati nell’ estate del 2021.
se il dietista piva nel 2020 regime forfettario e startup, aderisce alla facoltà di addebitare il contributo di rivalsa 4% (inps) cosa cambia per la dichiarazione di rediti? cosa consigliate?
Buonasera Rossana,
l’inserimento della rivalsa INPS ai fini fiscali non modifica nulla. Il contributo di rivalsa INPS viene trattato alla stessa maniera di un ricavo. Ti linko questo contenuto per saperne di più sul contributo di rivalsa:https://partitaiva24.it/la-rivalsa-inps-del-4-in-fattura/