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Come creare un e-commerce nell’era della “glocalizzazione”

Una delle scommesse di questo periodo incerto, dal punto di vista sanitario ed economico, è quella di uscire dalla crisi con qualche livido indubbiamente, ma con un’opportunità in più. Questa possibilità, attualmente, è rappresentata dalla sempre più capillare espansione dell’e-commerce. Ma come sopravvivere in un contesto globale? Per alcuni ciò è possibile se si riesce a mettere insieme la tecnologia e la tipicità locale. Vediamo come.

Sommario

Che cos'è la glocalizzazione?

Il problema della suplly chain nella glocalizzazione

Dal contesto globale a quello glocale

Vantaggi e svantaggi della glocalizzazione?

Come si crea l'ecommerce nell'era della glocalizzazione?

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“Pensa globalmente, agisci localmente” è uno dei motti che si sta diffondendo in un contesto economico mondiale appiattitosi contestualmente alla pandemia da Coronavirus, che ha fatto emergere ancor di più l’esigenza del rispetto dell’ambiente e la necessità di essere solidali con il vicino, la bottega sotto casa, il mercato della città.

Accanto all’esigenza di puntare su un modello di business sostenibile si sta, dunque, cercando di rimettere al primo posto l’individuo, ma, soprattutto, la comunità in cui vive. E questa potrebbe essere la chiave per far fronte alla crisi sanitaria e finanziaria.

Solo se si riparte dai territori, evidenziandone le proprie caratteristiche, si può pensare a un nuovo modello di crescita, che non può più essere un concetto puramente economico. Forse, non è lo già da anni. Fatto sta che la valorizzazione della tipicità locale è un’impellenza tale da avere consentito di riportare in auge un termine degli anni ’80 di cui ci si era dimenticati: la glocalizzazione.

Secondo alcuni esperti del settore, infatti, ciò che contraddistingue un prodotto artigianale non può essere proposto a livello internazionale con le stesse peculiarità, ma, grazie alla tecnologia, ci si può rivolgere ad un mercato globale per offrire un bene qualitativamente alto. Insomma, il made in Italy, che ci ha reso famosi in tutto il mondo, può senz’altro aiutarci se stiamo pensando di mettere su un e-commerce.

Che cos’è la glocalizzazione?

La glocalizzazione è un termine nato intorno agli anni ’80 e deriva dal giapponese “dochakuka”, che significa localizzazione globale. La parola veniva utilizzata nel paese del “Sol levante” per riferirsi all’adattamento delle tecniche agricole alle condizioni locali. 

È stato, successivamente, il sociologo Zygmunt Barman a coniare questo neologismo, mediante la fusione di due parole: globalizzazione e localizzazione. Poi, il concetto è stato utilizzato in ambito geografico, antropologico e, infine, commerciale per indicare un prodotto o servizio diffuso a livello planetario, ma cucito su misura del consumatore a seconda del mercato locale in cui una grande azienda si andava ad inserire, cercando di rispettare, in un certo qual modo, costumi e tradizioni della comunità.

L’esempio tipico che viene spesso citato è quello del colosso Ikea che, anche in Italia, dopo avere esportato la sua merce, ha analizzato l’andamento delle vendite. Sostanzialmente, l’azienda svedese ha studiato l’impatto che i suoi beni hanno avuto sulla Penisola. I risultati hanno spinto il gruppo aziendale a creare una linea di prodotti, adattandola il più possibile alle abitudini degli italiani. Dunque, la glocalizzazione mette al centro l’individuo e il patrimonio culturale e tradizionale della comunità a cui appartiene

Occorre aggiungere, inoltre, che con la glocalizzazione si dà importanza anche alla comunicazione tra i piccoli gruppi all’interno di realtà locali con quelli di realtà più complesse, mediante la tecnologia che rende possibile tale interazione. Da qui, la necessità di trovare una sintesi tra dinamiche globali e particolarità territoriali per chi vuole operare in un nuovo mercato, come quello dell’e-commerce.

Il problema della suplly chain nella glocalizzazione

Una delle principali caratteristiche della glocalizzazione consiste nella capacità di adeguamento della grande azienda alle necessità del mercato delle piccole comunità, creando dei network locali fra di loro comunicanti, che rendano semplice il servizio alla clientela.

Rispetto a quanto si verifica nel contesto di un mercato globale, quindi, si determina la necessità di costituire dei sottoinsiemi tra loro comunicanti di Supply Chain, ossia il processo che permette di portare sul mercato un prodotto o servizio, trasferendolo dal fornitore fino al cliente.

Emerge, però, un problema di riadattamento, soprattutto, in termini di efficienza del servizio al cliente, in quanto è più difficile trovare soluzioni a bisogni specifici di una realtà locale, se non si è organizzati con partners del territorio che non siano sulla stessa lunghezza d’onda. Sostanzialmente, tali sottosistemi devono essere aperti all’esterno, collegabili tra loro e con altri sottosistemi del territorio per rispondere più velocemente alle difficoltà e adattarsi alle mutazioni dell’ambiente in cui operano.

La difficoltà non sorge solamente per importanti gruppi aziendali, ma anche per chi vuole cimentarsi a fare impresa mediante un e-commerce. Anche in questo caso sarà necessario cercare di raggiungere degli accordi con dei distributori di prodotti locali, disponibili a collaborare anche condividendo i costi e, naturalmente, i ricavi.

Per tale motivo, sarà indispensabile dotarsi di piattaforme online che consentano a tutti gli operatori coinvolti nella distribuzione di seguire in tempo reale i prodotti, fondendo, quindi, il campo digitale con quello della logistica sul territorio.

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Dal contesto globale a quello glocale

Come abbiamo detto, la pandemia ha accelerato il processo che ha condotto le grandi imprese ad occuparsi del locale piuttosto che del globale. E, dunque, si è diffusa sempre di più la necessità di inserire specifiche caratteristiche ai prodotti destinati alle grandi masse di consumatori a seconda delle aree geografiche di appartenenza.

Anche quelli che una volta erano considerati dei prodotti sostanzialmente di nicchia stanno spostando verso il basso il numero degli investimenti sui beni standardizzati, facendo virare il mercato globale dai clienti “intenditori” del lusso, ad esempio, verso target più democratici e, di conseguenza, rendendo detti prodotti più accessibili a tutti.

Secondo la nuova strategia di mercato, che valorizza le peculiarità locali, il prodotto c.d. di massa diventa più competitivo sul mercato se, accanto al suo aspetto standard che lo contraddistingue, viene amalgamato con delle varianti locali, portando benefici non solo a livello globale, ma anche all’economia del territorio

Questo nuovo approccio, come detto, favorisce alcune nazioni. L’Italia ne è un esempio per la grande quantità di piccole e medie imprese presenti nel suo tessuto economico e che già da tempo mettono in risalto la tipicità di diversi prodotti di realtà locali, presenti soprattutto nel campo della cultura e del turismo enogastronomico.  

Vantaggi e svantaggi della glocalizzazione?

Uno dei vantaggi della glocalizzazione consiste nella possibilità per le imprese, e in particolar modo per quelle che si occupano di e-commerce, di poter operare in un enorme mercato. Chiaramente, il beneficio è anche a carico del consumatore finale, perché l’ampia concorrenza fa diminuire i prezzi. Sostanzialmente, un cliente può acquistare un bene considerato di lusso nel mercato locale a un costo ridotto.

Ovviamente, per le imprese vi sono anche degli svantaggi. In particolare, le aziende internazionali, non potendo presentare il loro prodotto standard ad una vasta platea di possibili acquirenti, in quanto devono adattarlo seppur con minime varianti in base al contesto culturale più disparato, si trovano a dover fronteggiare costi di produzione più alti. Le imprese locali, a loro volta, devono competere con chi produce per tanti e a prezzi più bassi.

Inoltre, non sempre l’operazione di adeguamento dei propri prodotti è di semplice riuscita: oltre alle spese, bisogna sostenere anche un dispendio di energie in termini di tempo. È il caso di Mc Donald’s in Asia che ha dovuto svolgere un lungo lavoro di ricerca per potere conquistare in quest’aria del globo il mercato del cibo da asporto. 

Un altro problema è l’integrazione dei prodotti. Starbucks, in Cina, ha dovuto addirittura chiudere i battenti nella Città proibita, perché i suoi prodotti con influenze occidentali potevano rappresentare una minaccia per le tradizioni locali, nonostante il tentativo di allineamento del menù alle esigenze della comunità. 

Come si crea l’ecommerce nell’era della glocalizzazione?

Come abbiamo visto, la glocalizzazione può produrre molti o pochi benefici per le grandi multinazionali, ma anche per le imprese locali. La lezione da apprendere per chi decide di creare un e-commerce per lanciare i prodotti tradizionali o artigianali del proprio territorio sulla piazza globale è questa: occorre redigere un piano glocalizzato, cioè fare uno studio di mercato. Bisogna osservare cosa offre la concorrenza in quel determinato paese e, soprattutto, a seconda del settore in cui si opera, cercare di conoscere la normativa di riferimento.

Altro suggerimento consiste nel rafforzamento della presenza della propria attività sui social network. La campagna di marketing è fondamentale per potere portare possibili clienti a visitare la propria vetrina virtuale che, come in un contesto locale, dovrà essere agghindata al meglio. Farsi aiutare da un influencer per pubblicizzare il brand, inoltre, è una opzione su cui riflettere, perché potrebbe far approdare sul sito web molti followers, ma occorre comparare il costo-opportunità di questa operazione.

Se si vuole aprire un e-commerce che funzioni, devono anche essere al top determinati strumenti che gli utenti possono utilizzare facilmente: il metodo di pagamento è uno di questi. Anche in questo caso occorre fare uno studio, perché non tutti i cittadini del pianeta operano con gli stessi arnesi per effettuare gli acquisti. Quindi, il consiglio è quello di offrire sulla pagina del negozio virtuale un ampio ventaglio di possibilità. Infine, dobbiamo tenere a mente che in tutto il globo vige la stessa regola: il cliente ha sempre ragione. Quindi, va coccolato a prescindere dall’angolo della terra in cui si trova. Una raccomandazione può essere quella di cercare di fornire ai visitatori dell’e-commerce che si sta avviando un servizio dedicato ai clienti il più possibile attivo e per l’intera settimana. Ovviamente, ciò avrà dei costi. Anche in questo caso esistono diverse opzioni, da un software ad hoc ad agenzie che si occupano di assistenza. Da non dimenticare che la boutique online deve essere aperta a tutti i cittadini e a tutte le lingue del mondo!

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 10/02/2021
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