In Italia, negli ultimi anni, molte piccole e medie imprese hanno puntato sulla vendita online per ingrandire il loro fatturato. Sono, così, cresciute le piattaforme sul web che aiutano i classici commercianti ad aumentare i clienti e sponsorizzare la propria azienda. Prima di scoprire insieme quali sono i settori che hanno subito un boom anche nel periodo di lockdown, immergiamoci nel marketplace su internet.
Per e-commerce s’intende il mercato di beni e servizi che si sviluppa sulle piattaforme online. Per ampliare, infatti, la propria clientela e, ovviamente, ingrandire il fatturato, negli ultimi anni anche in Italia si sviluppando la vendita online. Dunque, la compravendita sul web attraverso l’e-commerce è diventata una sorta di strategia per dare visibilità alle piccole e medie imprese.
Per avviare un sito di commercio elettronico, in alternativa alla vendita del negozio fisico, bisogna considerare alcuni elementi, indicativi della convenienza o meno di questo tipo di business. Ci riferiamo alle c.d. analisi di mercato e ai trend delle transazioni commerciali via internet. Dunque, per capire qual è la migliore soluzione per consentire alla vostra impresa di crescere sulla rete, dovete sapere che esistono diverse tipologie di e-commerce.
Le tipologie di e-commerce più comuni sono 3: Business to Business (B2B), Business to Consumer (B2C) e Consumer to Consumer (C2C). Non preoccupatevi, non vogliamo confondervi. Sappiamo che a prima vista è quello che potrebbe accadere. Vi assicuriamo che, in realtà, si tratta di argomenti di facile comprensione.
Per Business to Business (B2B) si intende lo scambio di beni e servizi tra imprese ed altre imprese. Si tratta della prima compravendita sviluppatasi in rete. Il commercio via web, in questo caso, riguarda diversi scambi che si contraddistinguono rispetto a quelli che solitamente avvengono con il cliente finale perché direttamente legati alle caratteristiche dell’azienda. Quindi, troviamo inclusi servizi come il trasporto, i servizi tecnici e informatici, che necessitano di una transazione tra imprese solitamente dello stesso settore, per l’appunto.
Il Business to Consumer (B2C) è la classica compravendita tra impresa e cliente. Ovviamente, grazie alla rete, i consumatori vengono soddisfatti velocemente, possono scegliere prezzi per lo più convenienti e ricevere un’assistenza da parte dell’azienda h24. Quindi, si riferisce al tipico negozio virtuale, con i carrelli e i pagamenti elettronici mediante carte di credito. Al cliente, oltre al prezzo ovviamente, viene offerta una descrizione del prodotto con i suoi dettagli, come possono ad esempio essere le misure, i colori disponibili, e spesso accompagnata dalle informazioni sui tempi di consegna.
Infine, trattiamo il modello Consumer to Consumer (C2C) che concerne il mondo delle aste su internet. La transazione avviene tra l’azienda e il consumatore, dopo l’aggiudicazione del prodotto all’utente che ha effettuato l’offerta più alta alla chiusura della vendita a gara di uno o più beni, postati e descritti sul negozio online. Il sito web del venditore si comporta sostanzialmente da intermediario tra gli aspiranti clienti, in seguito all’apertura dei “giochi” e dopo aver stabilito il prezzo minimo, ovvero la c.d. base d’asta. Una volta aggiudicatosi il prodotto, il consumatore procederà al pagamento per il suo acquisto secondo termini e modalità previste dalla piattaforma web.
Cosa dovrebbe spingere un’azienda ad approdare sul mercato online? Certamente, i suoi numerosi vantaggi. È chiaro che l’e-commerce consente di far arrivare le informazioni sull’impresa e sui suoi beni o servizi in vendita ad una platea di clienti importante. Inoltre, è indubbio che i costi per aprire un negozio in città è nettamente superiore a quelli di una piattaforma online.
La compravendita su internet può essere remunerativa non soltanto per chi si lancia su questo tipo di business per la prima volta, ma anche per coloro che possiedono un’azienda già avviata. Perciò, anche se bisogna investire sul marketing, il ritorno in termini di visibilità è quasi certo. Da non dimenticare che, oramai, i siti di e-commerce hanno il loro profilo aperto su diversi canali social. Durante il primo lockdown, alcune aziende hanno sfruttato applicazioni come instagram per pubblicizzare i loro prodotti, consentendo ai clienti di potere accedere mediante i collegamenti allo shopping via web.
L’e-commerce, dunque, è vantaggioso non soltanto per le grandi aziende, ma anche per il piccolo imprenditore. Anche quest’ultimo, infatti, può approfittare dell’assenza di limiti geografici. Si può vendere in tutto il mondo. E da qualunque angolo del pianeta l’acquirente con un solo click può ordinare il prodotto desiderato. Infine, si può conseguire un risparmio dell’attività di vendita, ad esempio quello che riguarda l’affitto dei locali per gli imprenditori neofiti del mercato su internet.
Sebbene abbiamo citato i “pro” delle piattaforme online, non possiamo non mettere in guardia, dai possibili “contro”, chi vuole fare investimenti su tale attività. Il primo di questi riguarda la fiducia dei consumatori verso questo tipo di commercio.
Nonostante in Italia è molto diffusa, come vedremo più avanti, la compravendita online, a causa dell’assenza di una interazione fisica tra venditore e compratore, non sempre questa trasmette affidabilità. Uno dei dubbi che frena potenziali clienti riguarda il pagamento online. Non tutti i consumatori sono disposti a dare i dati bancari ad esempio. Nonostante le procedure di pagamento siano sempre più sicure, non possiamo nascondere che, purtroppo, anche su internet, fa affari chi proviene dal mondo della truffa. Le cronache parlano chiaro.
Altro problema è costituito dalla concorrenza che, in alcuni casi, può utilizzare delle pratiche scorrette. Purtroppo, queste vengono messe in atto da chi vuole fare business sulla pelle dei clienti. Tipica pratica scorretta è quella della pubblicità ingannevole, con informazioni false e lontanamente veritiere. Prezzi dei concorrenti troppo bassi, potrebbero poi avere delle ripercussioni economiche su chi vende online onestamente.
Il nostro consiglio è quindi di rapportarsi ai consumatori internauti come se fossero dei frequentatori storici della propria boutique di quartiere, per conquistare la loro fiducia. Se è vero, inoltre, che gestire un e-commerce è meno dispendioso del classico negozio di città, anche questo ha bisogno di un piano di business, una strategia di marketing, di eventuali spese legali e di consulenza, oltre che chiaramente del nostro tempo.
Infine, uno svantaggio è quello legato al rischio di minacce informatiche. Per difendere il vostro e-commerce dai cosiddetti “criminal hacker” cercate di affidarvi all’ “intelligenza sulle minacce” che aiuta i gestori delle piattaforme online a scovare possibili attacchi informatici e a proteggere le informazioni sui clienti e pagamenti che, se messi in discussione, potrebbero danneggiare seriamente la vostra reputazione sul web.
Un’interessante ricerca della Casaleggio Associati sull’“E-commerce in Italia nel 2020”, offre una visuale a 360° sul panorama delle aziende che hanno puntato su questo genere di business. Il rapporto, concernente il settore della compravendita online ai tempi del Coronavirus, ha rilevato che 12% delle aziende italiane opera nell’e-commerce. Ben il 79% di queste lo fa in ambito consumer.
Se negli ultimi 10 anni nel Bel Paese sono scomparsi 63 mila negozi, nel 2019 le imprese del commercio online sono cresciute del 20% rispetto all’anno precedente. Quasi 7 mila aziende. Nello specifico, le imprese che hanno registrato la vendita online come attività prevalente sono il 68%.
La diffusione di internet in Italia ha raggiunto il 70% della popolazione dai 2 anni in su. Nel mese di dicembre 2019, inoltre, una media di oltre 40 milioni di utenti unici è stata registrata, perfettamente in linea con l’anno precedente. A diminuire è stato, invece, il desktop (10 mila utenti). La spesa media per persona all’anno è stata invece pari a 668 euro.
Circa 700 milioni di euro all’anno, poi, potrebbero entrare nelle casse dello stato dalla “Web tax” che è entrata in vigore nel 2020. Per le società tecnologiche, infatti, è prevista una tassa del 3% sui ricavi dei loro servizi. Non riguarda chiunque, ma soltanto quelle società che fatturano oltre 750 milioni di euro a livello globale, di cui 5,5 milioni in Italia.
Il report della Casaleggio indica anche le percentuali degli utenti italiani che hanno fatto degli acquisti sulle piattaforme online tramite cellulare: il 76%. La media europea è stata del 63%. Più di 31 milioni di persone hanno, inoltre, cliccato sui siti esteri per ordinare i prodotti: Cina, Regno Unito, USA e Germania sono le nazioni dalle quali si acquista in prevalenza.
L’ammontare del fatturato e-commerce in Italia nel 2019 è stimato in 48,5 miliardi di euro, con una crescita del 17% sul 2018. La ricerca della società di consulenza aziendale, ha annunciato che il 2020 sarà l’anno di svolta per l’e-commerce italiano. Il Coronavirus ha, infatti, cambiato le tendenze di crescita di alcuni settori. Il turismo, ad esempio, subirà dei cali, mentre centri commerciali e alimentari aumenteranno il fatturato di tre numeri.
Ma per gli operatori dell’e-commerce, il problema sarà quello di far fronte alla capacità logistica per soddisfare le esigenze dei clienti in crescita.
Cosa acquistano di più gli italiani sul marketplace online?
In rete gli utenti dello Stivale acquistano prodotti di elettronica (74,9%), moda e accessori (64,4%). Seguono poi quelli per la bellezza e i profumi (46,9%), i videogiochi e i giocattoli (45,1%), tutto l’occorrente per fare sport (38,3%). L’arredamento si ferma a quota 32,2%. Il mondo degli animali al 28,1%.
Dunque, l’elettronica viene considerato il settore più in voga dell’e-commerce, secondo alcuni sondaggi lanciati dai magazine che si occupano dell’universo delle piattaforme online.
Però, a causa della didattica a distanza adottata dagli istituti scolastici per far fronte alle restrizioni dovute all’epidemia da Covid-19, sono aumentati anche i prezzi dei prodotti del settore citato: quelli delle stampanti multifunzione sono cresciuti più del 121,7%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Invece, un + 49,0% hanno registrato i prezzi dei Router, i dispositivi informatici che aiutano il segnale Wi-Fi a diffondersi in tutta la casa. Sono aumentati anche i prezzi dei tablet (+35,0%), dei pc (+20,7%) e dei notebook (+4,2%). Una notizia che deve far riflettere chi vuole scommettere su questo genere di business.
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