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Le indagini finanziarie sui professionisti

Capita molto spesso che nel momento dell’apertura della partita IVA, i professionisti ma anche le imprese dimentichino di recarsi in banca ed aprire contestualmente un conto corrente dedicato per la propria attività.

Facciamo presente che sia per le ditte individuali sia per i professionisti avere un conto dedicato non è obbligatorio tuttavia, il possederlo porta dei vantaggi in termini di organizzazione della propria attività e di sicurezza nei confronti di eventuali accertamenti da parte del fisco. Se per le ditte è quasi impossibile oltre che sconsigliato non avere un conto corrente dedicato, per i professionisti la situazione è un po’ diversa. Infatti potrebbero procedere al pagamento di pagare imposte e contributi per la loro partita IVA senza troppi problemi. In ogni caso anche i professionisti potrebbero essere sottoposti ad indagini finanziarie riguardanti i movimenti sul proprio conto corrente.

Vediamo cosa afferma la giurisprudenza in merito alle indagini finanziarie sui professionisti.

Sommario

LA GIURISPRUDENZA SULLE INDAGINI FINANZIARE SUI PROFESSIONISTI

CONCLUSIONE

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LA GIURISPRUDENZA SULLE INDAGINI FINANZIARE SUI PROFESSIONISTI

A seguito della sentenza della corte costituzionale n. 228 del 2014 è venuto meno un orientamento del giudice di legittimità riguardo l’equiparazione della presunzione di imputazione ai compensi dei professionisti riguardo i prelevamenti e i versamenti sui conti bancari.

In una sentenza della corte di cassazione (n. 23401/2015), infatti, si afferma: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 402, sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale per gli anni anteriori”.

Dalla citazione della sentenza si evince che la presunzione per cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari vanni imputati a ricavi se i contribuenti non ne dimostrano l’estraneità alla produzione di reddito si riferisce solo agli imprenditori (ditte iscritte in camera di commercio come commercianti o artigiani). Attraverso la sopra citata sentenza della corte costituzionale, ai fini della presunzione, non può più essere equiparata l’attività di impresa con quella professionale.

Tuttavia, secondo il giudice di legittimità rimane la presunzione che si tratti di ricavi o compensi per i versamenti non giustificati sui conti correnti. L’onere della prova contraria in questo caso spetta al professionista.

In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’ esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti” (Cass. Sez. 5, n. 16697 del 2016; Cass. Sez. 5, n. 18065, n. 18066, n. 18067, n. 16686, n. 16699, n. 11776, n. 6093 del 2016; n. 23575 del 2015 n. 5152 e n. 5153 del 2017; Sez. 6-5, ord. n. 7453, n. 9078 e n. 19029 del 2016; Cass. Sez. 5’, n. 18126, n. 18125, n. 16929, n. 13470, n. 12021 del 2015).

In sostanza, per i professionisti, le risultanze bancarie per i prelievi di contanti non hanno alcun effetto di presunzione legale, ma valgono se e nella misura in cui possono costituire elementi gravi, precisi e concordanti dell’evasione.

CONCLUSIONE

Possiamo dire che la Corte Costituzionale con la propria sentenza ha voluto escludere l’operatività della presunzione legale sugli accertamenti bancari in capo ai professionisti, solo riguardo i prelevamenti.

In generale, le operazioni in uscita non possono essere presunte come parte di reddito non dichiarato ed è onere del fisco provare la legittimità dell’accertamento.

Posta quindi l’applicazione della presunzione, per i prelevamenti ed i versamenti ingiustificati per i titolari di reddito di impresa, la presunzione si applica anche ad i professionisti solo per le operazioni in entrata. È necessario dunque stare molto attenti se si è professionisti e si è soliti versare importi rilevanti sul conto corrente dopo aver incassato in contati le fatture emesse.

L’applicazione della presunzione determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente. È il contribuente quindi che deve provare che le sue operazioni di versamento su conto corrente non fanno riferimento a redditi non dichiarati. Nel caso contrario, sui prelevamenti sul conto corrente del professionista è il fisco che deve provare la motivazione sull’accertamento.

La Corte Costituzionale infatti, ha ritenuto arbitrario che i prelievi non giustificati dai conti correnti di un professionista siano destinati ad un investimento sulla propria attività e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito ne segue che in assenza di altri elementi di prova, i prelievi dal conto corrente del professionista non possono essere considerati compensi.

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 29/11/2017
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