Il mestiere dell’imprenditore è sicuramente uno dei più affascinati e, soprattutto, lo diventa quando vengono raccontate, tramite interviste o articoli di giornale, storie di successo. Si immaginano gli applausi da parte di chi circonda colui che si è fatto strada da solo: i familiari, gli amici, i clienti più o meno soddisfatti, il mercato.
Pensiamo ai nostri giorni cosa accade attorno alle scalate di importanti startup. Si accendono subito i riflettori. I media sono spesso alla ricerca dei profili di coloro che ce l’hanno fatta a vedere realizzata l’idea sulla quale hanno scommesso il proprio capitale. E, dunque, si mette in mostra la loro bravura davanti al pubblico.
Ma è veramente così idilliaco il mondo dell’impresa? Se spegniamo questi riflettori sui grandi nomi e li accendiamo su quelli che ogni mattina devono confrontarsi con diversi rischi, anzitutto in termini economici, scopriremo una realtà diversa. E, principalmente, verrebbe alla luce una condizione di cui poco si parla: la solitudine dell’imprenditore, il quale, quotidianamente, deve prendere una miriade di decisioni per portare avanti la sua azienda.
Quali sono questi momenti in cui si ritrova ad affrontare i suoi affari da solo?
Possiamo senza dubbio affermare che, se decidiamo di fare affari, uno dei momenti più importanti è quello che precede la creazione dell’impresa, per l’appunto. L’idea geniale su cui puntare il nostro business è arrivata, ci pensiamo giorno e notte, ma non troviamo il coraggio di metterla in atto. Allora decidiamo di raccontarla a chi ci vuole bene, a chi sogna un futuro per noi fenomenale: la famiglia. Prima nostra supporter, certo. Spesso, però, non è così.
Soprattutto in Italia, c’è una tendenza alla protezione da parte del nucleo familiare, evidentemente legata ad una questione culturale, che si tramanda da secoli. Poi, ci sono gli amici, quelli con cui ci confidiamo per avere un parere sincero e, a volte, lo è così tanto che le nostre idee d’impresa vengono concepite come “bizzarre”. Infine, i parenti. Parola d’ordine: non fare preoccupare mamma e papà. Cerchiamo di non cagionare loro un dispiacere perché, sì, anche per loro, il nostro progetto è un azzardo.
Con quanto finora detto, non vogliamo sostenere che i nostri familiari sono un ostacolo all’impresa che vogliamo realizzare. Sappiamo, infatti, che nella maggior parte dei casi sono i primi finanziatori o comunque quelli a cui ci rivolgiamo per cercare investimenti. Però, per quel senso di protezione citato, dobbiamo dire la verità: raramente chi ci circonda, anche se ci ama, ci spinge volentieri verso quello che è allo stato embrionale un vero e proprio ignoto. Se la nostra idea dovesse, poi, avere successo, eccoli lì a stringerci, abbracciarci, a dirci quanto siamo stati bravi. Ma, prima, dobbiamo pesare ogni nostro passo, e dobbiamo farlo tutto da soli.
A questo punto inizia la prima responsabilità per chi vuole fare impresa: decidere di dare vita al progetto tramite la sua costituzione. Ecco che fissiamo il nostro appuntamento con il commercialista, il quale, spesso, neanche lui è un nostro supporter. Eppure, è dal confronto con il professionista che riusciremo a capire se siamo disposti ad assumerci il rischio d’impresa, perché fare business, diciamolo, consiste per prima cosa proprio in questo: non avere paura del pericolo di fallire.
Il commercialista ci farà un elenco di tutto ciò che non rende conveniente fondare un’impresa in Italia: tasse, burocrazia, norme che cambiano in continuazione. E, poi, le banche. Se non siamo avvezzi al mondo degli istituti di credito, non abbiamo speranza. È davvero un ambiente sconosciuto e, in particolar modo, per coloro che per la prima volta si accingono a mettere su un’azienda.
Purtroppo, nel nostro Paese, manca totalmente una scuola che dia una formazione necessaria in campo imprenditoriale per potere affrontare con un minimo di competenza i diversi interlocutori con i quali occorrerà interfacciarsi quotidianamente.
Quindi, la nostra solitudine continua indisturbata perché, anche senza strumenti opportuni, dovremo prendere la decisione se andare avanti o rinunciare. Una responsabilità che non ci abbandonerà mai nel percorso della nostra impresa, anche se dovessimo prendere in considerazione l’eventualità di farci aiutare da qualcun altro.
È venuto, perciò, il momento di stabilire se dobbiamo continuare a fare tutto da soli o cercare dei collaboratori. Chiaramente, per le imprese unipersonali, la selezione di personale che dovrà costituire lo staff della nostra azienda avverrà, verosimilmente, in maniera solitaria.
Dovremo dimostrare anche delle qualità manageriali di non poco conto. Pensiamo, infatti, alla gestione dei rapporti tra i colleghi di un team aziendale, ai possibili diverbi da risolvere e alle eventuali scelte che dovremo prendere per dirimere tali controversie: ricoprire, insomma, il ruolo di un vero giudice. Tutto questo senza compromettere l’armonia necessaria per la riuscita della nostra impresa.
A ciò aggiungiamo che, quando arriva il successo per l’azienda, il merito viene suddiviso tra tutti; se dovesse invece verificarsi un problema, in questo caso la responsabilità è tutta in capo all’imprenditore. Il fallimento sarà solamente il nostro.
Oltre a valutare la squadra che dovrà formarsi alle nostre dipendenze, bisognerà considerare l’opportunità di condividere il nostro rischio o meno con qualcun altro. Insomma, è meglio fondare una srl con o senza soci? Infatti, questo è un quesito di non poco conto dal momento che, se dovessimo condurre la nostra azienda da soli, i suoi frutti sarebbero tutti a nostra completa disposizione e potremmo scegliere da soli cosa farne; se dovessimo, al contrario, optare per altri membri da inserire nella società, dovremmo fare i conti con i dividendi: spartire i ricavi o fare degli investimenti sull’impresa? Una decisione anche qui importante e da non prendere sottogamba.
L’imprenditore è solo soprattutto nell’era della digitalizzazione. Generalmente, sbagliando, viene considerato un tuttologo, uno che facilmente sta al passo dei cambiamenti. Ovviamente, non tutti coloro che fanno impresa sono dotati di questa qualità. Oggi, chi gravita nel mondo del business deve rispondere celermente alle domande dei clienti, anche loro in cerca di una sintonia con il progresso tecnologico.
Tali soluzioni devono essere trovate rapidamente e in un mercato globalizzato piuttosto complesso. A complicare le cose, ci ha pensato la pandemia da Covid-19. Altro fattore di mutamento con cui occorre interfacciarsi. Quindi, l’imprenditore deve agire e fare le sue scelte in tempi ristretti, per dare una risposta alla clientela che si aspetta da lui un’illuminazione per soddisfare le sue esigenze in tempi di Coronavirus.
Anche stavolta, quindi, dovremo risolvere tutto in piena solitudine. Sembra di trovarsi di fronte ad una roulette russa, perché la sopravvivenza a questa crisi non può essere collegata soltanto alla bravura di chi riuscirà a gestirla. Cerchiamo di mantenere la calma e di non farci sopraffare dalle mille richieste dei nostri clienti.
Sono le emozioni, innanzitutto, che devono essere guidate da chi ha un’impresa avviata in questo periodo o da chi stava quasi per lanciarla. Emozioni che si provano, in particolare, quando si è da soli e si cercano dentro di sé le risposte sul da farsi, perché dalle nostre scelte dipende il futuro anche di chi ci sta accanto, dei nostri collaboratori e delle loro famiglie.
Un fardello sentimentale che va gestito senza paura di aprirsi e ammettere le proprie fragilità, evitando, però, di trasformarlo in un pensiero costante, sebbene ciò richieda uno sforzo non indifferente. In questa situazione, cercare l’aiuto di qualcuno può essere fondamentale e non dobbiamo pensare che questo segni la nostra sconfitta. “Nessuno si salva da solo”, ricordiamolo. E questo è il miglior periodo per confrontarsi realmente.
L’apertura verso gli altri potrà farci riflettere sul percorso sin qui intrapreso, sulle scelte già fatte, sull’alternativa tra non fare niente o reinventarsi; ci farà comprendere se abbiamo qualche speranza di via d’uscita da un periodo di emergenza mediante un’altra idea da condividere con la collettività. Perché l’imprenditore, dopo tutto, fa questo: aiuta la società ad andare avanti. Per questo non deve perdere lo spirito di fare qualcosa per sé e per gli altri, la voglia di credere ancora nella potenza del proprio progetto, anche se diverso dall’inizio in cui l’aveva sognato.
In questi momenti di crisi, paradossalmente, si deve anche cercare di ritrovare lo spazio per sé, bisogna curare le relazioni, anche a distanza, che abbiamo trascurato per via del nostro lavoro d’impresa. È l’ora di reperire il tempo che abbiamo sottratto ai nostri affetti, per carità pensando al loro futuro. In questo periodo di difficoltà, ci stiamo accorgendo del peso d’oro di un abbraccio. Dunque, da questa esperienza si deve tentare di trarne un’opportunità. Infatti, solo se riusciremo a dedicare del tempo a ciò da cui attingeremo le energie necessarie per le nuove sfide che ci aspettano, potremo probabilmente vincerle.
E anche se dobbiamo inevitabilmente prendere ancora una volta da soli una decisione fatale per la nostra impresa, lo saremo sì fisicamente, ma circondati da tante certezze in più mentalmente. Sereni con la nostra coscienza per non esserci privati di ciò che ha evitato di farci cadere nell’abisso psicologico della solitudine. Ricordiamoci che “La solitudine è un fiore stupendo che ha bisogno anche degli altri” (Alberto Casiraghi).
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