In Italia, i lavoratori autonomi “puri”, ovvero senza dipendenti, sono più di 3 milioni e mezzo. I lavoratori in proprio sono oltre 2 milioni e poco più di 1 milione sono i liberi professionisti, cioè coloro che vengono spesso definiti con il termine inglese “freelance”. Per poter svolgere l’attività al meglio, è sempre utile anche per loro stipulare un accordo con i committenti. Vediamo come è possibile procedere.
Sommario
Chi è il lavoratore freelance
Quando è obbligatorio aprire partita iva?
Il lavoratore autonomo
Il lavoratore occasionale senza partita iva
I lavoratori autonomi con partita iva
Gli abusi sulla falsa partita iva
Il contratto freelance
L?oggetto
Il compenso e la modalità di pagamento
I diritti sul lavoro svolto
La risoluzione del contratto
L'informativa sulla privacy
Il foro competente
La firma del contratto
Come redigere il contratto perfetto
Abbiamo anticipato già chi sono i freelance, termine anglosassone diffusissimo ormai anche in Italia. Sostanzialmente per freelance si intende il libero professionista che lavora per diverse società o organizzazioni, senza alcun rapporto di dipendenza. Come si diventa freelance quindi? Certamente, non servono particolari requisiti per intraprendere l’attività di freelance ed è possibile trovare detta figura professionale in diversi settori lavorativi. Oltre alla peculiarità di lavorare in completa autonomia, il freelance opera senza un contratto di lavoro dipendente, per l’appunto.
Nell’epoca del digitale, sicuramente, la figura del freelance è tra le più ricercate. Basti pensare all’attività svolta dall’assistente virtuale, dal web designer o dai consulenti web marketing, per citare alcuni esempi di professionisti che possono tranquillamente lavorare per diversi committenti senza dover firmare un contratto di lavoro dipendente. Dobbiamo, però, ricordare che anche per i lavoratori autonomi, qualora svolgano un’attività in maniera professionale, organizzata e continuativa, sorge l’obbligo di aprire la partita iva per stringere un accordo con un committente.
La diffusione di internet ha permesso, soprattutto nell’ultimo decennio, di sviluppare delle professioni che possono essere svolte anche da casa e non nell’ufficio della società per la quale si sta operando come professionisti. Rammentiamo, però, che solamente nel caso in cui l’attività “casalinga” sia del tutto sporadica è possibile lavorare attraverso la classica ricevuta di prestazione occasionale con ritenuta d’acconto. Al contrario, è necessario aprire la partita iva per poter concludere un contratto freelance con un eventuale cliente.
A prescindere dal luogo in cui dovrà essere svolta l’attività di freelance, come possono esserlo gli uffici della società che sta ingaggiando il professionista o le stanze dell’appartamento da cui si collegherà da remoto, le regole alla base dell’obbligatorietà di apertura della partita iva sono sempre le stesse.
Innanzitutto, dobbiamo sapere che non ci sono dei limiti di guadagno minimo per aprire la partita iva. L’obbligatorietà di apertura della partita iva, infatti, sorge nel momento in cui l’attività di freelance viene svolta con professionalità e continuità, ovvero, quando si raggiunge una certa organizzazione del lavoro e l’attività, dunque, non può essere più considerata sporadica ed occasionale.
In quest’ultimo caso, tuttavia, sarà possibile utilizzare la famosa e, spesso, abusata prestazione occasionale. Ricordiamo che sarà valida a prescindere se il nostro committente sia di nazionalità italiana o estera.
La figura del lavoratore autonomo viene disciplinata dall’articolo 2222 del codice civile. Per lavoratore autonomo s’intende la persona fisica che si obbliga a compiere, dietro compenso, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti di un committente.
Quindi, possiamo dire che coincide con la figura dei liberi professionisti o freelance iscritti ad un albo professionale, come quello degli avvocati, dei commercialisti, degli architetti, degli ingegneri, degli agronomi, etc. Inoltre, sono considerati lavoratori autonomi anche i professionisti di tipo non ordinistico, cioè “senza ordine”, ad esempio i fisioterapisti, i consulenti aziendali, i consulenti marketing, ecc.
L’apertura della partita iva, per questo tipo di lavoratori, è piuttosto rapida e non presenta delle particolarità. Infatti, l’unico ente a cui fare riferimento è l’Agenzia delle entrate.
In sede di apertura della partita iva, inoltre, i professionisti ordinistici sono tenuti all’iscrizione anche alla cassa previdenziale di propria appartenenza per poter operare e procedere al versamento dei contributi ai fini pensionistici. I professionisti che, invece, non hanno un proprio ordine devono iscriversi alla Gestione Separata INPS.
Abbiamo già detto che è possibile lavorare senza partita iva, purché l’attività sia svolta occasionalmente. La normativa sui rapporti di lavoro tra un committente e un lavoratore senza partita iva stabilisce che questi devono essere:
Inoltre, esiste un tetto massimo di ricavi: non si possono superare i 5 mila euro. Infatti, oltre tale cifra il lavoratore dovrà pagare i contributi sull’eccedenza dei compensi.
Chi effettua tali prestazioni subisce, poi, una ritenuta d’acconto del 20% sul corrispettivo (incassa l’80% e non tutto l’importo) ed emette una ricevuta in cui riporterà soltanto il codice fiscale. Il lavoratore occasionale, inoltre, non può dedurre costi o detrarre l’IVA sugli acquisti e non può maturare alcun contributo pensionistico, dato che sotto i 5 mila euro annui non vige l’obbligo di iscrizione all’INPS.
Vi sono più vantaggi per il lavoratore con partita iva che opera per un’azienda, rispetto a chi ne è sfornito. Il freelance con partita iva, infatti, dovrà pagare l’IRPEF non sul percepito ma sulla differenza tra i suoi costi e ricavi (tranne se aderisce al regime forfettario che prevede altre e più convenienti tipologie di agevolazioni).
Stesso discorso va fatto riguardo ai contributi INPS che il possessore di partita iva dovrà pagare sempre in base al suo utile, maturando in questo modo gli anni validi ai fini contributivi.
Questo tipo di rapporto lavorativo, quindi, è vantaggioso per entrambe le parti. Da un lato, l’azienda avrà un professionista in regola al 100%, autonomo e fiscalmente a posto in caso di accertamenti; dall’altro, il freelance con la partita iva agevolerà il lavoratore che, in assenza di altre alternative, potrà almeno lavorare in regola e maturare anche qualcosa ai fini pensionistici.
Possono, però, verificarsi delle distorsioni nei rapporti di lavoro tra il professionista che opera con partita iva e il suo committente. Infatti, è possibile che i vantaggi sopracitati possano trasformare la collaborazione tra impresa e lavoratore autonomo in un rapporto costante, trasformandolo in tutto e per tutto in lavoro subordinato. Una situazione mascherata di rapporto di lavoro dipendente viene definita “falsa partita IVA”.
Questi rapporti ricordiamo sono illegali. Se scoperti, possono essere assimilati al lavoro subordinato e potranno essere applicate le relative sanzioni ai committenti. Negli ultimi anni, la guardia di finanza e gli organi della previdenza, che si occupano dei controlli, stanno molto attenti a questo tipo di collaborazione.
Una volta aperta la partita iva, il freelance che ha intenzione di iniziare la sua collaborazione con il suo committente, dovrà prestare attenzione al tipo di contratto che verrà stipulato.
Innanzitutto, è necessario inserire tutti i dati delle parti coinvolte nel progetto/servizio e, quindi, il nome, il cognome, la ragione sociale, la partita iva, il codice fiscale e l’indirizzo di entrambi i soggetti interessati alla sua conclusione.
Effettuata questa operazione, il professionista dovrà essere bravo nell’identificare tutte le attività che saranno comprese nel suo lavoro e, specialmente, cosa non sarà annoverato. In questo modo sarà più semplice preparare una scaletta dei compiti da svolgere.
Una redazione accurata di ciò che il freelance intenderà sottoporre alla società o all’organizzazione che sta per reclutarlo, apporterà dei vantaggi in termini di compensi.
Alla fine dei conti, questo aspetto è forse il più importante. Sappiamo quanto sia dura la vita del professionista e, pertanto, stabilire tempistiche e modalità di pagamento è diventato obbligatorio. Rincorrere i clienti per farsi pagare, spesso, diventa l’attività più impegnativa per il professionista.
All’interno di questa sezione del contratto freelance sicuramente dovranno essere presenti:
Capita spessissimo che per mandare avanti il progetto avvenga lo scambio di materiali, file, idee o che nascano “cose” che prima non esistevano. È bene identificare sin da subito di chi sarà la proprietà di questi elementi alla fine del lavoro svolto. Inserire una clausola relativa ad eventuali diritti d’autore non fa mai male.
Chiaramente, l’obiettivo del contratto è quello di portare a termine il lavoro nella maniera migliore. Può capitare, però, nella vita lavorativa di un professionista di dovere interrompere la collaborazione per i più svariati motivi: perché non si piace al proprio committente, perché a progetto iniziato gli accordi preliminari non vengono rispettati o, semplicemente, l’accordo preso non può più essere rispettato.
Per tutte queste ed altre ragioni, prevedere una possibilità di risoluzione anticipata dell’accordo fa sempre bene. Tale genere di clausola, non fa altro che tutelare tutte le parti. Inoltre, potrà permettervi, a certe condizioni, di portare a casa qualcosa in termini di denaro, soprattutto se si è già dato inizio all’attività.
Specificare che tutti i dati utilizzati durante lo svolgimento del progetto saranno riferiti solamente ad esso nel rispetto della nuova normativa GDPR (General Data Protection Regulation) è un consiglio da tenere a mente per i professionisti che si trovano per la prima volta a redigere un contratto.
All’interno del contratto, anche per un freelance è bene specificare quale sarà la sede giudiziaria di riferimento in caso di controversie. L’eventualità di dover arrivare alla risoluzione di una causa davanti ad un giudice per far valere le proprie ragioni, specialmente per chi lavora a distanza, è da tener presente. Infatti, nel peggiore dei casi potrà capitare di dover fare migliaia di chilometri per recarsi presso il foro competente.
Chiarite tutte le menzionate composizioni del contratto, è evidente che dovrà essere sottoscritto da tutte le parti. In caso contrario, non avrà nessuna valenza.
Diciamo da subito che non esiste una regola aurea per redigere il contratto perfetto. Ogni servizio, ogni settore lavorativo ha le proprie criticità. Dunque, il professionista, a seconda dell’impresa con la quale si rapporterà, avrà la necessità di inserire delle clausole all’interno di un contratto.
I punti precedenti sono la base di ogni contratto che si rispetti e solo l’esperienza sulla propria pelle, dopo anni di lavoro, porterà ciascun freelance alla redazione dell’accordo perfetto per sé e per la propria attività.
Per ultimo, vogliamo ricordare che il contratto sarà sempre stipulato tra due o più persone. Ne consegue che la componente psicologica spesso gioca un ruolo importantissimo.
Ai freelance alle prime armi, ma non solo, consigliamo di non utilizzare o, comunque, cercare di evitare un lessico legale e termini troppo complessi. I committenti, infatti, potrebbero spaventarsi. Utilizzare anche nella forma scritta un tono disteso e amichevole potrebbe aiutarvi.Un altro punto da tenere in considerazione è anche la lunghezza del contratto. Far leggere ad un cliente un contratto di 20 pagine potrebbe spaventarlo e rallentare la chiusura del contratto. Il vostro committente potrebbe temporeggiare chiedendo un consulto al suo legale. Cercate di essere il più sintetici possibile.
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