Avviare una attività prevede consapevolezza. Tra le prime scelte da operare troviamo la forma imprenditoriale che la attività da avviare deve assumere, se individuale o societaria. Ovvio non tutto è programmabile a priori, ma le scelte di fondo possono senza dubbio fornire ai futuri imprenditori una chiave di lettura che possa permettere di “prevedere” in termini di responsabilità e tax planning l’orientamento che si vuol dare all’impresa.
Con l’obiettivo di fornirvi queste consapevolezze, qui, oggi vogliamo esaminare le due forme societarie più usate nell’avvio di nuove attività imprenditoriali, le S.a.s. e le S.r.l.
Iniziamo proprio dalle basi, e chiediamoci cosa distingue le società di persone dalle società di capitali?
Il nome stesso richiama la caratteristica principale, dei due possibili soggetti, le prime sono organizzate prevalentemente con la forza lavoro derivante da soci (e dipendenti), le seconde, si basano prevalentemente sul proprio capitale.
Tutto questo si traduce in un concetto fondamentale per la prima delle scelte consapevoli da fare: la responsabilità.
Le società di persone, godono della cosiddetta personalità giuridica imperfetta (dove per personalità giuridica intendiamo la capacità di essere titolari di diritti e doveri), ossia, gli obblighi (o le spettanze) della società si trasferiscono in capo ai soci, i quali risponderanno (a seconda dei casi) degli stessi in misura illimitata o limitata rispetto il proprio patrimonio personale.
Diversamente, hanno “piena” personalità giuridica le società di capitali, nelle quali diritti e doveri sorgono direttamente in capo alla società e non ai soci.
Questo introduce un altro concetto importante, quello della autonomia patrimoniale, che, va da sé è da intendere “perfetta” nel caso delle società di capitali.
Facciamo un esempio per capire meglio: ipotizziamo che la società ROSSA contragga un debito che va oltre le proprie capacità economiche, nel caso in cui ROSSA fosse una società di persone, a ripianare il debito sarebbero chiamati i soci con il loro patrimonio personale, se diversamente si trattasse di società di capitali, questa risponderebbe del debito solo fino alla concorrenza del proprio capitale sociale, ed il patrimonio dei soci sarebbe in ogni caso al riparo.
Ed infine l’ultimo concetto, il capitale sociale, ovvero la base economica su cui si fonda la società. Andando per nozioni, il valore delle somme e dei beni conferiti dai soci, a titolo di capitale di rischio, all’atto della costituzione dell’impresa (che assommato alle attività ed alle passività originate dalla attività aziendale costituisce il patrimonio aziendale).
Nel caso delle società di persone, ritornando all’esempio fatto poco sopra, nel caso di debito più alto rispetto le capacità di sostenere lo stesso, i creditori potranno rifarsi sul capitale sociale (e l’eventuale patrimonio aziendale) in primis. Successivamente, per essere soddisfatti, potranno rifarsi anche sul patrimonio dei soci.
Nel caso di società di capitali, esaurito il capitale sociale (e l’eventuale patrimonio aziendale), i creditori non avranno ulteriore elemento di rivalsa.
Una cosa che accomuna entrambe le forme sociali, è quindi chiaro, è che il capitale sociale è una sorta di garanzia creditoria, e lo stesso rimane immutato nel corso del tempo (salvo che con modifica dell’atto costitutivo non si decida di aumentarlo o ridurlo).
Assunte le principali differenze tra società di capitali e società di persone, entriamo più nello specifico, e vediamo cosa distingue una S.a.s. (società in accomandita semplice) da una S.r.l. (società a responsabilità limitata).
Anzitutto, entrambe le società vanno costituite con atto pubblico registrato (sarà quindi necessario un notaio presso il quale rogitare per costituire tanto l’una quanto l’altra).
Per nessuno dei due soggetti è previsto un capitale minimo.
Nel caso della S.a.s. non sarà necessario di fatto versare il capitale sociale, sarà sufficiente dichiararne il valore in fase di stipula dell’atto costituivo. Il capitale sociale è diviso in quote, e sempre in fase di costituzione i soci dichiareranno la quota parte di capitale sociale sottoscritto (idealmente immaginatelo come il peso che ciascun socio ha in seno alla società).
Diversamene, nella S.r.l., il capitale sociale, anch’esso diviso in quote, dovrà essere versato al momento della costituzione, dai soci:
Il versamento andrà fatto:
Un caso a parte è la S.r.l. unipersonale (ossia a socio unico), in questo caso l’unico socio verserà a sé stesso (se con bonifico utilizzando due conti diversi a lui intestati) il capitale sociale nella sua integralità (ed indipendentemente dal suo valore), che poi depositerà su conto intestato all’azienda.
Valida in questo caso anche la ipotesi di delega al notaio.
Torniamo a parlare della cosiddetta autonomia patrimoniale che differenzia del tutto le due forme societarie. Abbiamo già detto che il capitale sociale è una garanzia creditoria e il suo esaurimento limiterà il diritto al recupero degli eventuali crediti eccedenti il suo valore nel solo caso delle S.r.l.
Un caso a parte però è rappresentato dalla S.R.L. unipersonale, per quest’ultima, il socio unico pur rispondendo dei debiti nei limiti della quota conferita, sarà per gli stessi illimitatamente responsabile (anche con il suo patrimonio) , per i debiti contratti dalla società se la stessa è insolvente, oppure non sono stati adempiuti gli obblighi relativi ai conferimenti (versamento integrale del capitale sociale) o non sono stati rispettati gli obblighi di informazione a terzi relativi all’esistenza di un unico socio (è fatto obbligo indicare SRL a socio unico in tutte le comunicazioni trasmesse ed in seno al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio).
Sempre tornando a ROSSA, i creditori potranno agire contro il socio unico se in precedenza hanno tentato di pignorare, senza successo, il patrimonio della società o, in altre circostanze, quando l’inconsistenza dello stesso appare oggettiva, ad esempio perché sono rimaste insoddisfatte le pretese di un altro creditore.
Diverso è il discorso delle S.a.s., nelle quali esistono due tipi di socio: il socio accomandante ed il socio accomandatario.
Fondamentale la distinzione tra le due figure: il primo, partecipa alla società apportando il capitale, e risponderà per gli obblighi assunti (ricordate l’esempio di ROSSA?) limitatamente al solo capitale sociale versato; il secondo, invece, oltre ad assumere la figura di amministratore della società, risponderà oltre che con il capitale versato, anche solidalmente ed illimitatamente (rispetto le obbligazioni assunte) con il proprio patrimonio personale.
Al fine della iscrizione alla gestione artigiani e commercianti dell’INPS (contributi entro il minimale di reddito o IVS), nel caso di S.a.s. devono verificarsi due requisiti, il socio deve essere accomandatario (requisito soggettivo), e la società deve operare nel settore terziario e deve avere natura commerciale (requisito oggettivo).
Pertanto, la qualifica di socio accomandatario, che di fatto è l’unico che presta attività lavorativa in seno alla società (indipendentemente dalla retribuzione percepita), ed al quale per definizione sono attribuiti gli obblighi (e la responsabilità) di amministrazione e gestione della società, configura la obbligatorietà della scrizione all’INPS.
Diverso è il caso del socio accomandante, al quale di fatto manca il requisito della responsabilità, e, solo laddove ricorressero condizioni specifiche può essere iscritto all’INPS (deve svolgere all’interno della società attività con carattere di abitualità e prevalenza e deve essere legato da un rapporto di parentela con il socio accomandatario).
L’iscrizione dei soci accomandanti alla gestione Artigiani/Commercianti può pertanto avvenire solo a seguito di esplicita dichiarazione dei soci medesimi oppure d’ufficio da parte dell’Inps, dopo che l’Istituto abbia effettuato un accesso ed abbia accertato l’effettiva sussistenza dei requisiti di iscrizione alla gestione previdenziale
In soldoni, e ragionando in termini economici, facciamo un esempio: atteso un utile lordo di 50.000 Euro prodotto da una s.a.s. composta da tre soci che abbiano pari quote (33%), all’accomandatario di detto utile spetteranno 16.500 Euro e la sua quota di IVS eccedente il minimale sarà residuale rispetto l’ipotesi di una ditta individuale in capo alla quale la quota eccedente sarebbe calcolata sull’intero utile lordo (qui un nostro articolo in merito sulle quote eccedenti gli IVS)
L’obbligo di iscrizione alla gestione artigiani e commercianti nel caso dei soci di S.a.s., decade nel caso di svolgimento di attività professionale (ad esempio per le società di gestione immobiliare non sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti dell’INPS).
Veniamo alla S.r.l., per le quali cambiano di fatto i requisiti per la iscrizione dei soci alla gestione artigiani e commercianti.
Se per le S.a.s. i principi di responsabilità ed amministrazione erano alla base della iscrizione (una sola iscrizione alla gestione artigiani e commercianti), nel caso della S.r.l. il canale diventa doppio, infatti se il socio amministratore oltre a svolgere attività lavorativa con carattere di continuità in favore della società, percepisce anche emolumenti in qualità di amministratore, dovrà essere iscritto contemporaneamente alla gestione artigiani e commercianti ed alla gestione separata, questo perché le due iscrizioni trovano fondamento e presupposti diversi e si riferiscono a redditi distinti.
Una recente sentenza della Cassazione la n. 1759 del 27 gennaio 2021, tende però a specificare che l’attività intellettuale di direzione e coordinamento svolta dall’amministratore di società di capitali, se retribuita, è soggetta a contribuzione separata e che questo incarico, da solo, non ha i requisiti necessari per poter essere inquadrato nella gestione commercianti.
Ora, fin tanto che non vi sarà chiarezza in tal senso (INPS ha impiegato due anni per recepire una sentenza della cassazione che nega il diritto all’istituto di asseverare alla contribuzione obbligatoria degli utili percepiti nelle società di capitali) è bene specificare che allo stato, l’esborso in capo all’amministrate/lavoratore sarà indipendente dal reddito percepito (quindi anche in assenza di utili distribuiti), e sarà assoggettato alla cosiddetta contribuzione entro il minimale.
Attenzione, non si pensi di costituire una S.r.l., avviarne l’attività senza alcun dipendente, e non iscrivere alcun socio alla gestione Artigiani e Commercianti, va da sé che INPS provvederà alla iscrizione d’ufficio di almeno un socio.
Prassi vuole che per evitare la iscrizione alla gestione artigiani e commercianti., i soci costituiti in S.r.l. siano soliti procedere alla assunzione con rapporto di lavoro dipendente di almeno uno dei componenti la compagine sociale, e parimenti costituire un consiglio di amministrazione (in fase di costituzione), in luogo della figura dell’amministratore unico, procedendo alla assunzione di uno dei componenti del CdA in seno alla amministrazione societaria con rapporto anche in questo caso di lavoro subordinato. Siffatte scelte determinano risparmi contributivi nelle casse della società.
Va da sé, quali sono gli oneri in capo alla S.r.l. Unipersonale, nella quale la figura del lavoratore o dell’amministratore coincidono.
La S.a.s. sostiene di per sé la sola Imposta Regionale sulle attività produttive (IRAP), l’imponibile della quale è il cosiddetto Valore della Produzione.
Diversamente, l’utile prodotto, viene ripartito in proporzione alle quote sottoscritte in capo ai singoli soci, e sarà assoggettato ad IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche).
L’aliquota ordinaria IRAP, applicata al valore della produzione netta è pari al 3,9%, è data facoltà alle regioni ed alle province autonome di modificare:
Ai fini IRPEF (a valere sui redditi dei soci), l’imposta ha carattere progressivo, e pertanto è tanto più alta quanto più alto è il reddito prodotto.
Queste le aliquote a valere dal 2022
fino a 15.000 euro | 23% |
da 15.001 fino a 28.000 euro | 25% |
da 28.000 fino a 50.000 euro | 35% |
da 50.000 in poi | 43% |
Ricordate l’esempio sui contributi artigiani e commercianti fatto per le s.a.s., applichiamo la stessa logica sui redditi personali: a ripartizione dell’utile prodotto, ripartito su più soci consente di spalmare sulle aliquote più basse il livello di imposizione.
Le S.r.l. sul valore della produzione, sostengono l’IRAP con una imposizione del tutto identica, a questa si aggiunge, ma diversamente dalle s.a.s., gli utili (indipendentemente dal fatto che possano essere o meno distribuiti tra i soci ) scontano l’Imposta sul reddito delle società (IRES), che non è una imposta progressiva, ma ad aliquota fissa, il 24%.
Nota dolente, assume la eventuale distribuzione degli utili, che è assoggetta ad ulteriore imposta.
Infatti, se i soci decidono di ripartirsi il frutto del loro “impegno”, oltre a sostenere il costo per la registrazione del verbale di assemblea presso la competente Agenzia delle Entrate, sotto forma di Imposta di registro (allo stato fissata in 200 Euro fissi), oltre i bolli pari a 16 Euro ogni 4 pagine del verbale di assemblea, si vedranno decurtare dagli utili loro spettanti un ulteriore balzello a titolo di ritenuta di acconto versata dalla società in qualità di sostituto di imposta, pari al 26% della quota parte di utile distribuito, magra consolazione, gli utili percepiti non sono produttivi di reddito.
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