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Intelligenza Artificiale, quali sono le opportunità

Nel 2021, si stima che a livello globale il business dell’AI ammonterà a circa 67 miliardi di euro. I settori più interessati dal suo sviluppo saranno la logistica, la distribuzione e i servizi. In Italia, invece, il comparto che subirà un’impennata in merito sarà quello delle infrastrutture e, nello specifico, collegato alle telecomunicazioni ed utilities. Nuove opportunità, dunque, si prospettano per chi vuole intraprendere una professione in quest’ambito.

Sommario

Cosa significa intelligenza artificiale?

Dove studiare l'intelligenza artificiale?

Quali sono le principali professioni nell'ambito dell'AI?

Quanto guadagnano i professionisti dell'AI

Conclusioni

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Fino al 2024, secondo gli esperti, la logistica, la distribuzione e i servizi saranno i settori che a livello globale beneficeranno maggiormente della crescita dell’Intelligenza Artificiale. In Italia, invece, il comparto che subirà un’impennata in merito sarà quello delle infrastrutture e, nello specifico, collegato alle telecomunicazioni ed utilities. Tuttavia, nella comparazione con i principali Stati europei e le due grandi potenze mondiali, Cina e Stati Uniti, il Bel Paese riesce ad assicurarsi solo l’1,5% della spesa.

Nel 2021, si stima che a livello globale il business dell’AI ammonterà a circa 67 miliardi di euro. La cifra è il risultato della somma di 17 miliardi di euro, in termini di spesa software, e di oltre 50 miliardi di euro, come domanda di servizi professionali volti ad erogare soluzioni innovative. 

Comunque, l’AI è destinata a diffondersi ancora di più grazie al 5G e allo sviluppo delle applicazioni di autonomous driving (che consentono alle auto di guidare da sole) e quelle degli ambiti di Industrial IoT (Industrial Internet of Things), ossia dispositivi interconnessi collegati in rete con le applicazioni industriali dei computer, e Factory automation (che concerne l’automazione industriale). 

Vediamo adesso di spiegare cosa tratta l’Intelligenza Artificiale e quali sbocchi lavorativi possono presentarsi dopo un percorso studiorum. Ma, soprattutto, quali vantaggi in termini economici può portare una carriera in tale ambito.

Cosa significa intelligenza artificiale?

Per intelligenza artificiale (Artificial Intelligence) si intende la capacità di un computer di svolgere funzioni ed elaborare ragionamenti umani. Sostanzialmente, si tratta della disciplina informatica che si occupa dello sviluppo di algoritmi mediante i quali le macchine danno vita all’attività intelligente. Assieme ai dati, dunque, vi è l’impiego di capacità strettamente antropiche.

Ad esempio, mediante l’applicazione di capacità cognitive, che mettono in correlazione dati ed eventi, l’AI è in grado di riconoscere testi, immagini, voci da cui ricavare delle informazioni. Attraverso la logica, collega i molteplici elementi una volta raccolti. Con specifiche funzioni, che riguardano l’analisi degli input e la loro conversione in output, attua, poi, l’apprendimento automatico per lo svolgimento di attività. Grazie all’intelligenza artificiale avviene l’interazione bidirezionale tra l’essere umano e le macchine.

Sebbene l’AI è utilizzata quotidianamente, attraverso l’utilizzo delle più disparate applicazioni social, assieme alla robotica e alla stampa 3D, oggi, è anche impiegata in diversi settori lavorativi: personale, sanitario, automobilistico, servizi e commercio online.

Quando si parla di Intelligenza Artificiale, però, si pensa anche al dibattito sull’occupazione, soprattutto, riguardo i dati sull’automatizzazione che vedono un crescente impiego nell’attività lavorative entro un trentennio.

Una preoccupazione che se da un lato deve far riflettere, dall’altro non deve indurre a pensare ad un futuro catastrofico, dal momento che, secondo diversi studi, le imprese sono sempre più propense alla creazione di nuovi posti di lavoro legati all’impego proprio dell’AI. Una disponibilità legata evidentemente al fatto che, grazie all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale, le aziende hanno anche registrato negli ultimi anni un aumento del proprio fatturato.

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Dove studiare l’intelligenza artificiale?

Esistono diversi percorsi universitari presenti in Italia che riguardano il mondo dell’intelligenza artificiale e le sue possibili applicazioni. Il Politecnico di Milano, ad esempio, offre un progetto rivolto agli studenti del penultimo e terzultimo anno delle scuole superiori. È un progetto pioniere all’interno della Penisola, e si occupa di avvicinare i ragazzi ai corsi tecnologici. Si trovano, infatti, diverse opzioni di scelta: Coding, Cybersecurity, Mobility e Robotics.

All’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, poi, è attivo un Master’s degree in Artificial Intelligence. Il programma, come si legge sul sito web dell’Università, adotta un ampio approccio interdisciplinare, mediante diversi argomenti legati all’intelligenza artificiale: l’apprendimento automatico, il ragionamento automatizzato, l’elaborazione del linguaggio naturale, la scienza dei dati, l’ottimizzazione e i sistemi di supporto decisionale, offrendo anche prospettive in neuroscienze cognitive e in questioni etiche e sociali. Il corso dura due anni e si tiene in lingua inglese. 

L’Università la Sapienza di Roma, invece, propone sulla sua pagina online un corso di laurea magistrale in Artificial Intelligence and Robotics. È stata la prima laurea magistrale incentrata, in special modo, sul settore della robotica. Anche questo viene erogato completamente in lingua inglese in Italia. 

Scopo della sua attivazione è stato inizialmente quello di rafforzare le competenze scientifiche e la visibilità internazionale dei gruppi di ricerca del Dipartimento di Informatica e Sistemistica. Inoltre, si mirava a rendere accessibile agli studenti stranieri i corsi di studio e a preparare gli studenti italiani al linguaggio tecnico scientifico. Il percorso di studi oggi ha l’obiettivo di formare ingegneri informatici con conoscenze specialistiche sia nei settori dell’ingegneria automatica che informatica. È valido anche ai fini del conseguimento del doppio titolo italo-francese o italo-venezuelano.

Quali sono le principali professioni nell’ambito dell’AI?

Nonostante vi sia una preoccupazione per la perdita di milioni di posti di lavoro che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe causare, nei prossimi anni potrebbero crearsi, secondo degli studi, nuove opportunità professionali, come già accennato.

Certamente, una delle professioni più richieste sarà quella del data scientist, che si occupa di analizzare i dati mediante cui le aziende apprendono tendenze e comportamenti e grazie ai quali le stesse effettuano le scelte più confacenti ai loro investimenti. Altro profilo molto ricercato è quello degli ingegneri specializzati nel machine learning, con competenze informatiche e di coding.

A questi poi si aggiungono i professionisti del data labeling, cioè della “etichettatura dei dati” che si occupano, per l’appunto, della raccolta di tali informazioni. Proprio perché i dati diventeranno sempre più importanti, sarà necessaria nel futuro una maggiore protezione che conduce alla richiesta degli specialisti in questo settore.

Infine, le aziende tecnologiche stanno puntando alla ricerca dei responsabili della creazione di hardware e dei c.d. CPU (circuiti) per l’AI.

Quanto guadagnano i professionisti dell’AI

Le cifre che un professionista dell’intelligenza artificiale riesce a farsi pagare dalle aziende attualmente sono da capogiro. Infatti, negli Stati Uniti, anche i meno esperti in questo campo possono arrivare a guadagnare fra i 300.000 e i 500.000 dollari all’anno

Sempre negli USA, un esperto di AI può ottenere compensi superiori ai 120 milioni di dollari. Chiaramente, parliamo di casi eccezionali, di veri e propri fuoriclasse che lavorano per importanti colossi aziendali.

Ma anche in Oriente non scherzano. Nel Sol Levante i professionisti della robotica e della crittografia possono guadagnare in un anno fino a 100 milioni di yen (un milione di dollari). In Cina, addirittura possono sfiorare i tre milioni di dollari. 

Sembra, dunque, di assistere ad un vero e proprio mercato per accaparrarsi i migliori giocatori, non di calcio in questo caso, ma dell’AI. Purtroppo, i professionisti che a livello globale hanno le caratteristiche necessarie per soddisfare determinati profili in questo ambito non sono molti. Addirittura, poco più di 20 mila.

Conclusioni

Dal momento che c’è carenza di personale specializzato in questo settore, si presenta un altro problema. Infatti, l’elevata domanda di questi profili, può portare le esigue professionalità dell’AI a cambiare posizione lavorativa frequentemente, allettati da offerte con moltitudini di zeri

Questa flessibilità, quindi, causa delle “impasse” nella ricerca tecnologica. I ricercatori, infatti, sono portati ad abbandonare gli studi accademici per trasferirsi anche in aziende dislocate in Paesi lontani dalla loro residenza.

Dunque, le Università e gli stessi apparati statali, non potendo competere con chi può permettersi di retribuire dei professionisti dell’intelligenza artificiale con numeri importanti, pagano il conto salato di dover rinunciare ai docenti, che dovrebbero formare gli esperti del futuro, e alle figure più preparate in disparati campi, come quello della difesa, della giustizia, dei trasporti, dei beni culturali, della sanità e della scuola, in cui la tecnologia è molto importante. 

Insomma, si verifica una sorta di corto circuito che mette in difficoltà anche gli stessi governi alla ricerca dei profili più interessanti dal punto di vista dell’AI. Il pericolo, infatti, è che si continuino a formare pochi studenti, investendo risorse pubbliche che, poi, inesorabilmente, finiscono per soddisfare solo la fame delle grandi imprese

Per tale motivo, le istituzioni a livello internazionale e, nello specifico, a livello europeo, stanno puntando ad incentivare gli studenti ad intraprendere sempre di più percorsi Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), in cui sono previsti gli insegnamenti delle discipline scientifico-tecnologiche, per l’appunto.

Nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) del 2020 l’Italia si colloca al 25º posto fra i 27 Stati membri dell’UE e presenta livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Inoltre, il numero degli specialisti e di laureati nel settore TIC è molto al di sotto della media europea. Anche le imprese italiane registrano ritardi nell’utilizzo di tecnologie come il cloud e i big data nell’adozione del commercio elettronico. Un segnale che ancora nel nostro Paese c’è molto da fare!

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 01/04/2021
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