Molto spesso riceviamo domande su quali siano i costi “scaricabili” dalla partita IVA. In un precedente contenuto abbiamo analizzato quali costi può “scaricare” un contribuente forfettario facendo attenzione su come il termine utilizzato, scaricare non sia corretto. Oggi cerchiamo di capire il perché dire: “scaricare un costo” non sia corretto e qual è o meglio quali sono i termini giusti da utilizzare quando si parla di “scaricare i costi dalla partita IVA”.
Partiamo dalla frase in assoluto più usata: “scaricare i costi dalla partita IVA”.
A livello fiscale e contabile il verbo scaricare non è associato in nessun modo ad i costi. Il termine corretto o meglio i termini corretti da utilizzare in queste situazioni sono dedurre e detrarre.
Entrambi i termini portano con sé delle agevolazioni fiscali. Molto spesso vengono utilizzati come sinonimi ma non hanno lo stesso significato in quanto, pur portando entrambi ad una riduzione delle imposte, si sorreggono su due concetti diversi.
Il loro significato è diverso ed i termini non sono interscambiabili. È importante quindi conoscere quale sia la differenza tra i loro significati, sia che siate titolari di una partita IVA, sia che stiate per aprire partita IVA, sia che non l’abbiate (non si può mai sapere).
Spieghiamo in breve la differenza. Le deduzioni producono un effetto benefico sull’imponibile (importo sulla quale verrà applicata l’aliquota dell’imposta) mentre le detrazioni riportano l’effetto benefico direttamente sull’imposta.
Il termine dedurre a livello contabile e fiscale riporta il concetto di diminuire dalla base imponibile un importo (un costo o un onere). A questo punto per capire a fondo il significato della frase dedurre un costo bisogna introdurre i termini: base imponibile e aliquota.
La base imponibile, è la cifra sulla quale si dovrà applicare l’aliquota per calcolare l’imposta dovuta.
L’aliquota, a sua volta, è la percentuale applicata sulla base imponibile per determinare l’imposta dovuta.
Dedurre un costo, di conseguenza, significa andare sottrarre dalla base imponibile il valore del costo appunto. Quindi, quando viene chiesto se un costo può essere o meno scaricato in realtà la domanda corretta sarebbe: “il costo è deducibile?”. È opportuno precisare che la deduzione del costo non significa risparmiare in termini d’imposte l’intero valore del costo.
In realtà, il risparmio è solo relativo alla percentuale (l’aliquota) dell’imposta. Ricordiamo inoltre che a volte un costo non è nemmeno deducibile per l’intero valore ma per una percentuale.
Facciamo un esempio:
Se un contribuente ha sostenuto un costo per un importo di € 100 e questo costo sia deducibile per 100 € (ipotizziamo per semplicità che sia deducibile al 100%), ciò non significa che pagherà 100 € di imposte in meno.
Egli infatti ridurrà la propria base imponibile di 100 €. La riduzione effettiva in termini di imposta sarà equivalente all’aliquota dell’imposta che si applicherà alla base imponibile.
Se l’aliquota dell’imposta è del 23%, il risparmio in termini d’imposta da versare sarà perciò pari a 23 €.
È utile precisare anche che, effettuare alcuni investimenti solo in funzione di un risparmio fiscale non è sempre una buona soluzione. Poiché il risparmio effettivo sarà, come detto prima, pari alla percentuale dell’aliquota e non pari al costo effettivo sostenuto.
Inoltre, è bene ricordare che per i beni strumentali (cespiti, o beni ammortizzabili) la deduzione viene suddivisa per più anni, ne segue che il risparmio non viene concentrato nel solo anno d’acquisto ma si diluisce per tutto il tempo in cui viene ammortizzato il bene.
Un altro termine molto importante a livello fiscale da conoscere è detrarre.
Detrarre significa ridurre direttamente il valore di un’imposta. A differenza delle deduzioni quindi, le detrazioni intervengono direttamente sul calcolo del tributo. Le detrazioni non impattano sul calcolo dell’imponibile ma solo sul valore di un tributo.
Come per la percentuale di deducibilità di un costo, anche il valore di una detrazione può essere quantificata attraverso una percentuale al fine di calcolare l’effetto benefico della detrazione sull’imposta.
Facendo un esempio concreto, per i redditi da lavoro autonomo (il caso di un professionista titolare di partita IVA) inferiori a € 4.800 esiste una detrazione di 1.104 € sull’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche).
Considerando che per lo scaglione di reddito che va da 0 a 15.000 €, l’IRPEF ha un’aliquota pari al 23%, per un reddito di 4.800 € la corrispondente imposta è pari proprio a 1.104 € che è appunto la detrazione vista in precedenza. Di conseguenza, grazie alla detrazione l’imposta dovuta dal contribuente è 0 €.
Ma cosa si può detrarre o dedurre al fine di avere un risparmio fiscale?
Poniamo un caso veritiero riportando come esempio un professionista titolare di partita IVA che ha aderito al regime di contabilità semplificata.
Le due imposte principe da pagare nel suo caso saranno l’IRPEF e l’IVA.
L’IRPEF, viene calcolata sul reddito prodotto dal contribuente durante l’anno. Nel caso del professionista in regime tradizionale, il reddito verrà calcolato facendo la differenza tra i costi ed i ricavi/compensi. In questo caso, al fine di ridurre la base imponibile e quindi il reddito sul quale verrà applicata l’aliquota IRPEF, dovranno sottrarsi i costi derivanti dall’attività svolta (benzina per l’auto, cancelleria ecc…) e gli oneri deducibili.
È importante comprendere che, sia gli oneri sia i costi non hanno sempre una deducibilità piena, a volte infatti è possibile dedurre solo una percentuale della spesa corrispondente.
Oltre ai i costi sostenuti per l’attività, abbiamo accennato che è possibile portare in deduzione degli oneri. Tra gli oneri deducibili ricordiamo:
Parlando adesso di detrazione, è inevitabile parlare di IVA (imposta sul valore aggiunto). Come tutti i professionisti in regime tradizionale sapranno, ogni trimestre deve essere liquidata l’IVA ed eventualmente versata l’IVA a debito.
L’operazione per determinare l’IVA da versare è data dalla differenza tra l’IVA a credito (derivante dalle fatture d’acquisto) e l’IVA a debito (derivante dalle fatture emesse).
Al momento della seguente operazione (che è stata volontariamente banalizzata), sulle diverse fatture di acquisto è necessario tenere in conto che a volte, non tutta l’IVA associata al costo può essere portata in detrazione diminuendo l’IVA a debito.
Oltre alla detrazione dell’IVA, come visto nell’esempio del paragrafo precedente, sono presenti anche delle detrazioni IRPEF. A queste detrazioni, si può accedere nel caso in cui durante l’anno si è fatto fronte a degli oneri nel proprio interesse o per conto dei propri familiari a carico.
Tra questi si ricordano:
È utile ricordare in questa sede che per chi usufruisce del regime forfettario gli unici oneri che possono dedursi dal proprio imponibile, prima del calcolo dell’imposta sostituiva, sono i contributi previdenziali versati nell’anno precedente.
Riguardo i costi sostenuti per l’attività o le altre deduzioni ai fini IRPEF, il contribuente forfettario è impossibilitato all’accesso perché viene tassato attraverso un’imposta sostitutiva che appunto sostituisce l’IRPEF oltre ad IRAP e addizionali comunali e regionali.
Un discorso analogo viene fatto per le detrazioni, i contribuenti forfettari, essendo tassati attraverso un’unica imposta sostitutiva, non possono accedere alle detrazioni determinate per l’IRPEF perché soggetti al versamento di un’imposta sostitutiva.
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