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Aprire partita IVA online per architetto

Nel contenuto odierno vedremo quali sono le scelte più importanti per gli architetti che si decidono di aprire partita IVA.

Dopo un lungo percorso universitario in architettura, ogni neo architetto per entrare nel mondo del lavoro ha sostanzialmente due possibilità, o lavorare come dipendente presso un’azienda oppure mettersi in proprio e lavorare da freelance. Nella seconda ipotesi, come ben sappiamo, per essere in regola con il fisco è necessario procedere all’apertura della propria partita IVA.

Sommario

Come aprire la partita iva online per architetto

Il codice ateco ed il regime fiscale

Il regime forfettario per architetto

L’obbligo di rispettare il fatturato per l'architetto

La contribuzione dell'architetto professionista

Quanto paga di imposte un architetto in regime forfettario

Come emette una fattura un architetto in regime forfettario

L’architetto professionista già dipendente

Inarcassa o INPS: la questione è ancora aperta

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Come aprire la partita iva online per architetto

Sicuramente aprire la partita IVA è un passo molto importante. Il più delle volte però si abbandona l’idea di mettersi in proprio per paura di pagare troppe tasse. Aprire la partita IVA però, se si rispettano determinati requisiti, permette di avere molti vantaggi dal punto di vista fiscale e contabile. Mettervi in proprio quindi, non deve essere sempre una ipotesi da scartare del tutto. Inoltre, ricordiamo che aprire la partita IVA è totalmente gratuito.

Nel caso specifico dell’architetto, dato che si tratta di una professione dotata di albo professionale, per poter svolgere la propria attività in maniera autonoma, è necessaria l’iscrizione all’albo. Inoltre, una volta aperta la partita IVA sarà necessario iscriversi ad INARCASSA, la cassa di previdenza per gli architetti e gli ingegneri.

Iscritti all’albo degli architetti quindi, come nel caso di tutti i professionisti, per aprire la partita IVA prima cosa è necessario munirsi del modello AA9/12 e compilarlo in maniera corretta. Teniamo a precisare che non è possibile aprire la partita IVA online attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate ma bisognerà recarsi personalmente allo sportello, oppure ricorrere a un professionista abilitato o ad una società di consulenza come la nostra. In tutti i casi, qualora decidiate di aprire la vostra partita IVA autonomamente oppure decidiate di affidarvi al vostro consulente di fiducia è bene sapere che i dati da inserire nel momento della compilazione del modello AA9\12 sono i seguenti:

Il codice ateco ed il regime fiscale

Ritornando alla lista precedente, la compilazione con i dati dei primi tre punti è molto semplice. Gli ultimi due punti, la scelta del codice ATECO e del regime fiscale, sono abbastanza importanti per la futura partita IVA e quindi bisogna prestare maggiore attenzione nel momento di compilazione del modulo per aprire la partita IVA.

Il codice ATECO infatti, determinerà l’area di attività del professionista e una scelta sbagliata potrebbe portare a sanzioni.

Riguardo il regime fiscale, la scelta è limitata a due regimi: il regime ordinario di contabilità semplificata e il regime forfettario. La scelta del primo piuttosto che del secondo porterà ad un diverso trattamento dell’architetto dal punto di vista fiscale e contabile. Consigliamo sempre di rivolgersi al proprio consulente di fiducia per questa decisione, egli saprà consigliare il regime migliore per il caso specifico.

Anticipando, possiamo dire che per i più giovani che si avvicinano per la prima volta nel mondo del lavoro e che pensano di non riuscire a guadagnare più di 85.000 € in un anno la scelta migliore è il regime forfettario. Vediamo perché.

Il regime forfettario per architetto

Dal 2022, il regime forfettario rappresenta l’unico regime di vantaggio in Italia. Questo regime è indicato per tutti coloro che si avvicinano per la prima volta nel mondo del lavoro garantendo delle importanti agevolazioni dal punto di vista fiscale e contabile.

Tutti gli architetti che vogliono aprire la partita IVA devono conoscere quali vantaggi avranno nel caso di apertura in regime forfettario. Vediamo insieme i principali vantaggi del regime forfettario per un architetto.

Le semplificazioni in materia di IVA

Il regime forfettario è un regime fiscale esente da IVA. Nelle fatture dell’architetto quindi non sarà presente l’IVA. La mancanza dell’IVA oltre ad una maggiore competitività all’interno del mercato perché permetterà di applicare prezzi più bassi per le proprie prestazioni porterà anche ad un risparmio dal punto di vista del professionista che seguirà l’architetto nella gestione della partita IVA. Questo perché l’assenza di IVA semplifica molti adempimenti del commercialista.

Un’unica imposta

Un altro dei vantaggi del regime forfettario è la presenza di un’imposta sostitutiva con un’aliquota molto bassa del 5% o 15% a seconda se si aderisce al regime forfettario start-up o meno. La presenza di un’imposta sostitutiva significa che non si pagheranno né IRPEF, IRAP o altre imposte addizionali. Si dovrà pagare solo un’imposta. Nessun Regime Fiscale prevede tasse così basse.

Nessuna ritenuta d’acconto

Il regime forfettario, oltre ad essere esente IVA, è esente anche dalla ritenuta d’acconto. Con questo, regime non si dovrà inserire nessuna ritenuta d’acconto in fattura in quanto l’architetto è soggetto ad un’unica imposta sostitutiva sui suoi ricavi che dovrà versare egli stesso. Ne consegue che su qualsiasi fattura verrà incassato il 100% dell’importo.

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L’obbligo di rispettare il fatturato per l’architetto

I vantaggi devono essere messi in relazione però con gli obblighi per usufruire per le agevolazioni del regime. Il più importante senza dubbio è il limite di fatturato. Per continuare ad usufruire delle agevolazioni predette infatti, non si deve superare il limite di fatturato annuo di € 85.000.

Certamente vi starete chiedendo: “E se supero i 85.000 € annui cosa succede?”

Non allarmatevi, superando la soglia dei 85.000 € si potrà continuare ad operare in regime forfettario fino ad un fatturato di 100 mila. In tale ipotesi, a partire dal 1 gennaio dell’anno successivo si passerebbe automaticamente in regime IVA normale con tutti gli adempimenti conseguenti. Se invece si superassero anche i 100 mila euro nell’anno in corso saranno dolori. Al superamento di tale soglia infatti automaticamente già nell’anno in corso si dovrà adottare il regime di contabilità semplificata con tassazione IRPEF ordinaria e sarà necessario anche applicare l’iva sulla fattura che determinerà il superamento dei 100 mila euro di fatturato.

Oltre alla disciplina fiscale per l’architetto professionista è importante anche la disciplina contributiva. Come anticipato in precedenza infatti, gli architetti godono di una propria cassa previdenziale, INARCASSA, a cui versare i propri contributi previdenziali ai fini pensionistici ed assistenziali.

La contribuzione dell’architetto professionista

Gli architetti professionisti per poter esercitare la loro professione, oltre all’iscrizione all’albo degli architetti, hanno l’obbligo di iscrizione e versamento dei propri contributi previdenziali ad INARCASSA.

Per le modalità di calcolo e di versamento dei contributi è meglio rimandare direttamente al sito di INARCASSA in quanto sono presenti diversi trattamenti a seconda dell’età del professionista e gli anni d’attività.

Quanto paga di imposte un architetto in regime forfettario

In regime forfettario le imposte saranno calcolate sul fatturato lordo diminuito dalla percentuale di costi, assegnata in base al coefficiente di redditività. Nel caso specifico dell’architetto professionista la parte di costi imputata sul fatturato lordo è del 22%.  Procediamo a fare un esempio per essere più immediati.

L’architetto Bodoni, titolare di una partita IVA in regime forfettario start-up per il 2018 ha avuto un fatturato di 27.500€.

La prima operazione da fare è calcolare l’imponibile su cui si andranno poi a pagare sia le imposte che i contributi.

Dovremo quindi sottrarre il 22% al fatturato lordo ed avremo il nostro reddito imponibile. (ricordiamo che il coefficiente di redditività per l’attività da ignegnere è il 78%).

€ 27.500 – (27.500x 22%) = € 21.450

L’imposta sostitutiva che il Bodoni andrà a pagare sarà pari a: € 21.450 x 5% = 1.072,50 €

Ricordiamo però che non è finita qui. Alle imposte infatti dovranno successivamente aggiunti anche i contributi previdenziali di INARCASSA per avere un quadro generale di quanto resterà in tasca al nostro architetto professionista al termine dell’anno.

Come emette una fattura un architetto in regime forfettario

Ma come emetterà fattura un architetto in regime forfettario? Vediamo subito attraverso un fac-simile di fattura.

Franco Bodoni
Viale Bessa 17
Milano (MI)
Codice fiscale:
Partita IVA:

Nome e cognome del cliente\ rag. soc. cliente

Via al Massimo 34
35131 Padova
Codice fiscale:
Partita IVA:

Documento: FATTURA      Numero: 1       Data: 01/01/2019

……………….. Descrizione prestazione ……………………………

Compenso professionale                                              € 100,00

IVA                                                                                   € 0,00

Contributo INARCASSA 4%                  € 4,00

totale  documento                                                   € 104,00

+ bollo                                                                               € 2,00

netto a pagare                                                           € 106,00

Operazione senza applicazione dell’IVA ai sensi dell’art.1, comma 58, Legge 190/2014, regime forfetario; operazione senza applicazione della ritenuta alla fonte a titolo di acconto ai sensi dell’art.1, comma 67, Legge 190/2014

Applicata marca da bollo da 2 euro sull’originale se l’importo della fattura supera 77,47 Euro

L’architetto professionista già dipendente

Come abbiamo spesse volte scritto nel nostro blog, essere lavoratori dipendente e contemporaneamente titolari di partita IVA è possibile. Inoltre, se si rispettano certi requisiti è possibile anche aderire al regime forfettario.

Nel caso di contemporaneità di lavoro dipendente e attività libero professionale autonoma di architetto, la disciplina previdenziale prevede delle particolarità.

In generale come anticipato prima, se l’attività di lavoro autonomo prevede l’iscrizione ad un albo o elenco professionale (per esempio le professioni di avvocato, architetto, ingegnere, ecc.), non si dovrà richiedere l’iscrizione alla gestione separata INPS ma, il professionista sarà obbligato all’iscrizione alla Cassa di previdenza di appartenenza nel caso dell’architetto INARCASSA. Tuttavia, spesso le casse di previdenza non danno la possibilità di iscrizione alla cassa al professionista se già dipendente.

Stando alle ultime sentenze della corte di cassazione, coloro che sono suscettibili d’iscrizione ad INARCASSA (architetti ed ingegneri) qualora siano già dipendenti ed avendo già una propria posizione contributiva non hanno la facoltà di iscriversi ad INARCASSA ma per la loro attività professionale devono iscriversi e versare i propri contributi alla gestione separata dell’INPS. In ogni caso comunque, gli architetti già dipendenti, sui compensi derivanti dalla libera professioni (partita IVA), questi sono tenuti comunque al pagamento di un contributo del 4% ad INARCASSA anche se non iscritti.

Inarcassa o INPS: la questione è ancora aperta

A seguito di molte sentenze che non hanno ancora portato ad una risoluzione definitiva nelle modalità contributive di questi professionisti, Inaredis (sindacato degli ingegneri ed architetti dipendenti-liberi professionisti) da molto tempo, porta avanti la questione. (anche attraverso una lettera al Presidente della Repubblica)

Molte tra le sentenze in merito, tra cui anche una del tribunale di Roma, danno ragione ai i professionisti che ribadiscono di non dover versare i propri contributi anche alla gestione separata in quanto già versano un contributo integrativo ad INARCASSA per i ricavi dalla libera professione.

La sentenza della Cassazione citata in apertura (n. 30345 del 18/2017) ribalta gli orientamenti della maggior parte della giurisprudenza che da ragione alla categoria dei professionisti a dispetto dell’INPS. Secondo la Cassazione infatti, il versamento del contributo integrativo non presuppone la creazione di una posizione previdenziale tale da permettere ai professionisti, che lavorano già come dipendenti, di non versare i contributi alla gestione separata per l’eventuale attività libero professionale.

In ogni caso, la questione sulla contribuzione di questa numerosa categoria di professionisti non è assolutamente chiusa e del tutto in divenire.

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 14/09/2018
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