Spesso si sente parlare di quanto costa una partita iva e se convenga aprirne una oppure sia meglio lavorare come dipendenti.
Oggi, infatti, per entrare nel mondo del lavoro ci si scontra spesso al bivio se aprire una partita iva o lavorare come dipendente. Nel caso si scelga il lavoro dipendente (quando si trova) è tutto abbastanza semplice. Si sottoscrive il contratto, si comincia a lavorare e non ci sono altri grossi patemi se non la contrattazione del proprio stipendio. Per chi invece decide o è obbligato ad aprire una partita iva, la situazione è più complessa.
Di per sé la partita iva è gratuita, non costa niente aprirla, i costi derivano da tutto ciò che ruota attorno poiché entrano in gioco anche delle altre variabili: imposte, contributi, costi di gestione ecc.…
Sommario
La partita iva ha un costo?
Quanto costa aprire la partita iva
Aprire la partita iva da professionista
Aprire la partita iva come professionista con cassa
Aprire la partita iva come ditta individuale
I costi dopo aver aperto la partita iva
I costi di gestione
Il costo del commercialista
Le tasse in partita iva
Le imposte
I contributi
Conviene avere una partita iva?
Possedere la partita iva in sé non ha un costo.
Fare il proprio lavoro dovrebbe essere abbastanza semplice, è gestire tutto il contorno che è difficile. Contratti, burocrazia, tutele personali ecc.… Chi lavora per conto proprio trova ogni giorno questi ostacoli.
Il fenomeno della partita iva porta con sé delle incombenze che i lavoratori dipendenti nemmeno hanno idea di cosa siano.
La partita iva è soltanto di un numero che viene rilasciato, gratuitamente, dall’agenzia dell’entrate. Il costo della partita iva deriva dalla sua gestione, dal tipo di attività che viene svolta con la stessa, la previdenza (INPS) che è associata all’attività lavorativa e tutto ciò che ci ruota attorno.
Possedere una partita iva di per sé non comporta dei costi ma sono le responsabilità associate ad essa che costano.
Vediamo di seguito una serie di punti che chiariscono quali e quanti sono i costi dell’avere una partita iva.
Se ne tralasciamo qualcuno che merita attenzione scrivilo pure nei commenti e l’approfondiremo.
Aprire la partita iva costa 0. Non ci sono costi per il rilascio del numero di partita iva da agenzia dell’entrate.
I costi connessi all’apertura della partita iva tutt’al più sono legati alla parcella del professionista che procederà ad aprirla se ci si rivolge ad un consulente.
Per essere in regola spesso il numero di partita iva non basta. Se si vuole svolgere determinati tipi di attività bisogna fare degli step in più. Andiamo più nello specifico e distinguiamo le diverse tipologie di partita iva più semplici e comuni, quelle individuali.
Se l’attività da svolgere è un’attività di tipo professionale, consulenziale, da lavoro autonomo o comunque un’attività che non prevede la vendita o la produzione di beni e servizi (es. consulente marketing, consulente informatico, figure professionali per le quali non sono previste delle attestazioni specifiche per lo svolgimento dell’attività), l’apertura della partita iva è gratuita e non ci sono costi.
Basta solo il rilascio del certificato di attribuzione della partita iva da agenzia dell’entrate che come abbiamo visto è una pratica gratuita.
Nel caso in cui tale pratica venisse espletata da un commercialista, una società di consulenza o un altro ente il costo si riassume nella parcella per l’espletamento della pratica.
Il costo di apertura della partita iva come professionista solitamente varia tra le 50 e le 100 €.
Se l’attività è sempre di tipo professionale ma si tratta di un’attività di tipo ordinistico dove viene richiesto per lo svolgimento l’iscrizione ad un albo professionale i costi per l’avvio dell’attività non sono legati tanto all’apertura della partita iva che è gratuita o ha il costo della pratica se ci si affida ad un consulente.
Il costo più importante è quello relativo all’iscrizione all’albo professionale e le eventuali assicurazioni professionali richieste per lo svolgimento dell’attività professionale stessa.
I casi classici sono quelli dei medici, architetti, ingegneri, avvocati, ecc.….
In forma individuale, l’altra soluzione disponibile per l’avvio di un’attività è quella di tipo imprenditoriale. Parliamo quindi di aprire una partita iva come commerciante o artigiano. Svolgere quindi un’attività volta alla produzione e/o allo scambio di beni e servizi.
In tale ipotesi oltre al numero di partita iva, che come sappiamo il suo rilascio è gratuito, è necessario procedere anche all’iscrizione al registro imprese della Camera di Commercio (pratica di tipo oneroso) e spesso anche alla dichiarazione di inizio attività presso gli enti competenti come comune (SCIA COMUNALE), ASL, questura o altri enti competenti.
L’iscrizione in Camera di Commercio, a differenza dell’apertura della posizione in agenzia dell’entrate, è una pratica di tipo oneroso.
Tale pratica può essere espletata solo da intermediari accreditati.
Il costo per l’apertura di una ditta individuale è composto da diritti e i bolli dovuti alla Camera di Commercio più il compenso del soggetto abilitato alla trasmissione delle pratiche (es. commercialista società di consulenza). Solitamente la cifra complessiva si attesta sui 350 euro.
Oltre ai puri costi di iscrizione dobbiamo aggiungere che oggi quasi tutte le camere di commercio richiedono il possesso da parte del titolare di un dispositivo di firma digitale che solitamente hai il costo di 50 euro e in secondo luogo, a livello locale, se sono necessarie ulteriori comunicazioni come la SCIA i costi possono lievitare fino a 600/700 euro complessivi.
Per avere tutte le carte in regola per avviare la propria attività dunque potrebbero aggiungersi altri diritti d’istruttoria o costi legati ad altri professionisti per il corretto avvio dell’attività (es. geometra, ingegnere per la trasmissione della SCIA di un negozio fisico).
I costi dopo aver aperto la partita iva dipendono da due fattori, la gestione e le tasse.
Il costo della gestione della partita iva può essere identificato nel costo della commercialista che prende in carico la contabilità e la gestione fiscale della propria attività ed eventuali altri costi legati per esempio al canone del conto corrente, eventuali software per la fatturazione, tenuta del registratore di cassa per i negozianti, assicurazioni professionali, costi aziendali ecc.…
Se il primo può essere grosso modo quantificabile i secondi dipendono molto dalla struttura del business che si svolge e quindi sono del tutto personali e soggettivi.
Il costo del commercialista è sicuramente una delle spese da tenere presente quando si apre una partita iva. Spesso si cerca di farne a meno tuttavia, il fisco italiano è molto complesso e il più delle volte non se ne può fare a meno. Gli errori del fai da te spesso sono molto più onerosi dell’avere un consulente.
I costi del commercialista variano in primo luogo dal regime fiscale utilizzato e in seconda battuta in base ai servizi di cui si usufruiscono.
Per dei servizi all’inclusive, come l’abbonamento di partitaiva24.it, che comprendono la consulenza, la gestione contabile, un’area riservata con il software di fatturazione elettronica (partitaiva24.cloud) e anche la dichiarazione dei redditi. Parliamo di cifre che si aggirano tra le 400 e le 500 euro annuali per il regime forfettario, nei casi di regime di contabilità semplificata invece i costi dei servizi aumentano fino ad arrivare anche a 1.500 – 2.000 euro annui.
Quella di un servizio online come partitaiva24 è un’alternativa molto valida per la gestione della propria partita iva perché mette a disposizione un servizio pensato per chi vuole gestire la propria partita iva in maniera smart, mantenendo comunque l’assistenza, la professionalità e la sicurezza di uno studio tradizionale ad un prezzo adeguato agli standard del mercato.
Vediamo adesso quanto costano le tasse in partita iva.
Deve essere chiaro che determinare il valore di questa voce è praticamente impossibile a priori. Ciò perché il valore sarà influenzato dal volume di incassi e guadagni.
Possiamo definire delle percentuali di massima verosimili che saranno di supporto per chi è in cerca di informazioni.
La parola tasse racchiude in sé quelle spese considerate per le imposte, i contributi e le tasse in senso stretto. Abbiamo già visto la differenza tra questi termini in dei contenuti precedenti che vi linkiamo di seguito: differenza tra tasse imposte e contributi.
Chi ha una partita iva ciò che paga sono le imposte sui redditi, per dirla in maniera comune le tasse sui guadagni, e i contributi previdenziali, i famosi contributi INPS.
Il valore e il metodo di calcolo delle imposte sono definiti dal regime fiscale al quale ci si assoggetta. Chi ha una partita individuale può aderire al regime forfettario oppure al regime di tassazione ordinaria. Vediamo a grandi linee come funzionano entrambi a livello di imposte.
In regime forfettario, l’imposta che viene applicata al reddito è del 5% per i primi cinque anni di attività o del 15% a seconda se ci si trova in nelle condizioni di start up o meno. Tale percentuale è molto bassa e sicuramente per chi si trova alla prima esperienza è sicuramente un punto a favore per ridurre i propri costi.
Per approfondire su come funziona il regime forfettario e se può essere la scelta giusta per l’avvio di una nuova attività abbiamo a disposizione molti contenuti sul nostro blog o sul nostro canale youtube.
In alternativa è sempre possibile richiedere una consulenza diretta con i nostri consulenti per valutare la soluzione migliore per il caso specifico. Per prenotarla basta compilare il form sulla home page: Partitaiva24.it.
Per chi invece opta oppure è obbligato ad un regime fiscale con tassazione ordinaria sconta l’IRPEF, imposta che tutti conosciamo o di cui abbiamo sentito parlare almeno una volta nella vita.
L’IRPEF è un’imposta di tipo progressivo che va a scaglioni e che presenta le seguenti percentuali in base alle diverse fasce di reddito.
Nel caso di adesione al regime di tassazione ordinaria una volta calcolata l’imposta cosiddetta lorda entreranno in gioco le detrazioni che potranno ridurre il valore dell’imposta effettivamente dovuta. Nel regime ordinario infatti, oltre alla propria attività aziendale con partita iva è necessario tener conto anche della propria situazione personale per determinare il carico fiscale effettivo.
Il costo dei contributi, per chi ha partita iva, è una spesa sicuramente non indifferente. Sul reddito prodotto ogni anno questi incidono per circa il 25%.
Le modalità di calcolo e il loro valore dipende da alcuni fattori come il regime fiscale e il tipo di attività svolta. Se si è un’impresa o un lavoratore autonomo infatti ci sono delle differenze.
Per i commercianti e gli artigiani è previsto il versamento dei contributi previdenziali alla gestione INPS artigiani e commercianti.
Tale gestione prevede il versamento di una quantità di contributi minima fissa durante l’anno indipendentemente dal valore del reddito prodotto, i cosiddetti contributi fissi sul minimale. La cifra si aggira intorno alle 4 mila euro l’anno.
Il versamento deve essere effettuato in 4 rate annuali di pari importo nei mesi di maggio, agosto, novembre e febbraio.
Non finisce qui però, se si supera il reddito minimale, stabilito ogni anno da INPS, sulla parte eccedente saranno dovuti anche i contributi eccedenti il minimale.
Questa volta, i contributi verranno calcolati in percentuale sul reddito eccedente il minimale. Le percentuali sono di circa il 24% con piccole oscillazioni tra artigiani e commercianti.
Per chi aderisce al regime fiscale forfettario è possibile ridurre il costo dei contributi. Per tali contribuenti infatti hanno la facoltà di richiedere la riduzione del 35% sui contributi dovuti, riduzione valida sia per la parte minima fissa che sulla parte eventuale in percentuale.
Per chi svolge un’attività di lavoro autonomo ed è dunque un professionista ha come riferimento per il versamento dei contributi previdenziali una gestione INPS differente rispetto agli artigiani e i commercianti. Il riferimento è la gestione separata INPS che prevede il versamento di contributi pari al 26,23% del reddito prodotto.
Questa gestione non prevede alcuna riduzione per gli aderenti al regime forfettario. A prescindere dal regime fiscale quindi la percentuale di reddito da destinare ai contributi sarà del 26,23%.
Capitolo a parte per quei professionisti che hanno un albo di riferimento e una propria cassa privata. (Es. architetti, ingegneri, geometri, infermieri, medici, biologi, ecc.…). I contributi previdenziali per questi professionisti devono essere versati alle proprie casse di appartenenza e seguono delle regole specifiche.
Di seguito i link per le principali casse previdenziali per delle informazioni dirette per conoscere i costi della previdenza.
Visto quindi quanto costa una partita iva, la domanda sorge spontanea. “Conviene avere una partita iva?”.
La risposta definitiva non esiste. Più che altro, non è una domanda alla quale si può rispondere. La partita iva non è tanto una questione legata alla convenienza ma quanto ad una necessità o ad un nostro obiettivo.
Se il nostro obiettivo è creare un’azienda NON possono esserci altre strade se non cominciare dalla partita iva. Se volessi avviare la mia attività di copywriter avrei sì la possibilità di trovare un’agenzia che mi assuma, ma non avrei quella libertà di lavorare sui progetti che più mi interessano.
Ovviamente avrei probabilmente maggiori tutele ed ammortizzatori sociali ma dall’altro non avrei la possibilità di avere un introito maggiore. Sono riflessioni da fare quando si fanno determinate valutazioni. Altro punto da considerare, avere una partita iva non esclude anche avere un lavoro da dipendente e viceversa. Per valutare la propria posizione, la propria idea, la possibilità di mettersi in proprio il consiglio è quello di rivolgersi a dei consulenti esperti in modo da capire se ci sono gli estremi e la convenienza di tentare questo passo.
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