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Cancellazione d’ufficio delle partite iva inattive

Oggi ci andremo ad occupare di due novità riguardanti la cancellazione d’ufficio delle partite IVA inattive introdotte nel 2017.

La prima novità riguarda la cancellazione delle partite IVA inattive dette “dormienti”, ossia quelle che non operano da molto tempo. In merito alla seconda invece, trattando sempre della cancellazione d’ufficio delle partite IVA inattive, si rifarà al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 giugno 2017 n.110418/2017 attuativo delle disposizioni in materia di cancellazione delle partite IVA di cui al comma 15-bis dell’articolo 35 del DPR 633/72 introdotte dall’art. 22, D. Lgs. 21.11.2014 n. 175. Il documento prevede la cancellazione della partita IVA quando, a seguito dei controlli imposti dalla norma, emerga la mancanza dei requisiti soggettivi e/o oggettivi previsti dal DPR 633/72.

Sommario

Chiusura d'ufficio delle partite iva dormienti: addio sanzioni!

Il provvedimento di attuazione per la cancellazione della partita iva inattiva

Nessun contradditorio preventivo alla cancellazione

La valutazione del rischio dei contribuenti sottoposti a controllo

Il tipo di controllo

La cancellazione della partita iva

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Chiusura d’ufficio delle partite iva dormienti: addio sanzioni!

Con una novità della legge di bilancio 2017, le partite IVA inattive che, sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell’Agenzia delle Entrate, risultano non aver esercitato nei tre anni precedenti attività di impresa, attività artistiche o professionali verranno chiuse d’ufficio. Prima dell’entrata in vigore della predetta legge di bilancio 2017, l’art. 35 comma 15-quinquies del D.P.R.633/1972 affermava:

L’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell’anagrafe tributaria, individua i soggetti titolari di partita IVA che, pur obbligati, non abbiano presentato la dichiarazione di cessazione di attività di cui al comma 3 e comunica agli stessi che provvederà alla cessazione d’ufficio della partita IVA. Il contribuente che rilevi eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente può fornire i chiarimenti necessari all’Agenzia delle entrate entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. La somma dovuta a titolo di sanzione per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione di attività è iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo.”

L’Agenzia dell’Entrate, quindi, se in base ai dati in suo possesso rilevava che un soggetto, titolare di partita Iva, nei tre anni precedenti non avesse esercitato alcuna attività chiudeva d’ufficio la sua posizione. Inoltre, al contribuente veniva inviata una comunicazione con contestuale sanzione che variava dagli € 500 a € 2.000. Per opporsi al provvedimento il soggetto interessato aveva 30 giorni di tempo e la sanzione doveva essere pagata tramite il modello F24.

Con l’entrata in vigore della nuova Legge, la sanzione viene abolita. Tuttavia, i poteri di controllo dell’Agenzia dell’Entrate restano ed il contribuente avrà sempre i 30 giorni di tempo a disposizione per appellarsi alla chiusura d’ufficio della posizione IVA.

N.B. si ricorda che l’aspetto riguardante la cancellazione della sanzione fa riferimento solo alla mancata cessazione dell’attività (la quale comunicazione rimane sempre obbligatoria) mentre, riguardo la mancata comunicazione di inizio attività o la sua variazione le sanzioni rimangono.

Il provvedimento di attuazione per la cancellazione della partita iva inattiva

Come accennato in introduzione il secondo tema del nostro articolo, riguarda il provvedimento attuativo delle disposizioni in materia di cancellazione delle partite IVA introdotte dal D. Lgs. n.175 del 2014. La disposizione è attuativa degli artt. 22 e 23 del regolamento UE n. 904/2017 contro i fenomeni di evasione e frode dell’imposta sul valore aggiunto sollecitati dall’unione.  Il documento prevede la cancellazione della partita IVA quando, dopo i controlli che sono imposti dalla norma, emerge la mancanza dei requisiti oggettivi e/o soggettivi che sono previsti dal D.P.R. 633/1972.

Il provvedimento per l’individuazione dei criteri e delle modalità di cessazione della partita IVA e la successiva esclusione dalla banca dati come affermato al comma 15-bis del D.P.R. n. 633/1972 prevede che:

“L’attribuzione del numero di partita IVA determina la esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l’eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell’attività, avvalendosi dei poteri previsti dal presente decreto. Gli Uffici, avvalendosi dei poteri di cui al presente decreto, verificano che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell’IVA, siano completi ed esatti. In caso di esito negativo, l’Ufficio emana provvedimento di cessazione della partiva IVA e provvede all’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti le modalità operative per l’inclusione delle partite IVA nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, nonché i criteri e le modalità di cessazione della partita IVA e dell’esclusione della stessa dalla banca dati medesima”.

Dalla norma possiamo trarre diverse conclusioni:

Si evince che lo scopo della norma è quello di combattere le azioni di evasione IVA poste in essere attribuendo una posizione fiscale a soggetti che non esistono o a soggetti che esistono ma non hanno una attività.

Nessun contradditorio preventivo alla cancellazione

Se quindi il fine della norma è quello di combattere le azioni di frode ed evasione, l’Agenzia delle Entrate ha il potere di cancellare una partita IVA quando ritrova dei dati inesatti o incompleti in sede di comunicazione degli stessi. Inoltre, la disposizione non ha posto in essere nessun tipo di contraddittorio preventivo il quale sarebbe necessario al contribuente per permettergli delle giustificazioni riguardo all’inesattezze trovate nel momento della verifica.

A questo proposito, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate prevede che i controlli, che dovranno essere effettuati sulle posizioni che sono a più alto rischio di evasione, sono di tipo sostanziale e formale. Se a questi controlli risulta che il soggetto non ha i requisiti previsti dal D.P.R. 633/1972 l’Ufficio può notificare al contribuente la cessazione della sua partita IVA con data il giorno di registrazione in Anagrafe Tributaria dello stesso provvedimento.

La valutazione del rischio dei contribuenti sottoposti a controllo

Il Decreto sopra citato afferma che dopo l’attribuzione della partita IVA vengono fatti dei controlli per verificare i dati comunicati e che questi controlli sono volti a combattere l’apertura di posizioni a rischio.

La valutazione del rischio di evasione o frode è orientata in base al tipo di soggetto titolare di partita IVA (professionisti, amministratori di società, imprenditori), al tipo di attività svolta, alla correttezza degli adempimenti dichiarativi e fiscali oppure al collegamento con altri soggetti che siano coinvolti in fenomeni fraudolenti o di tipo evasivo. Queste indicazioni permettono all’Agenzia di creare dei profili rischiosi standard ma non dicono nulla circa i criteri di selezione dei soggetti sottoposti a controllo. Seguendo questa logica infatti, non si permette ai contribuenti di anticipare il risultato della verifica con delle argomentazioni riguardo la propria posizione.

Il tipo di controllo

Il provvedimento stabilisce anche che i controlli si concentreranno sulla verifica della veridicità dei dati e saranno attuati in maniera formale e sostanziale.

Per quei soggetti che sono stati individuati sulla base del criterio del maggior rischio saranno effettuati due tipi di controlli:

N.B. Ai sensi del regolamento UE n. 904/2010, i controlli devono essere fatti entro sei mesi dalla data di attribuzione della partita IVA e possono essere ripetuti ad ogni mutamento significativo che interessa l’elemento di rischio o alla presenza di incoerenza tra i dati fiscali dichiarati e quelli che risultano all’Agenzia dell’Entrate.

La cancellazione della partita iva

Dal provvedimento emerge che l’Agenzia può fare notifica della cancellazione della partita IVA dopo i controlli e la constatazione della mancanza dei requisiti. Il provvedimento dovrà essere motivato facendo riferimento all’assenza dei requisiti e non può essere fondato sul semplice mancato riscontro formale della non coincidenza dei dati comunicati con quelli accertati.  La cancellazione dovrà essere posta in essere in base al riscontro oggettivo e obiettivo, della mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi della posizione fiscale IVA ai sensi del DPR 633/72.

Dato che i controlli dovranno essere effettuati entro sei mesi dalla apertura della partita IVA si ritiene che non sarà proprio semplice motivare l’eventuale provvedimento di cancellazione sulla base dei presupposti sopra esposti. In questo poco tempo, solitamente il soggetto è in fase di inizio attività e potrebbe non ha ancora effettuato alcuna operazione attiva o passiva.

In conclusione, senza dubbi lo strumento della cessazione della partita IVA d’ufficio è uno strumento di assoluto valore nel contrasto ai comportamenti fraudolenti di evasione dell’IVA, ma è necessario che il legislatore abbia un approccio più puntuale e i controlli siano svolti per situazioni oggettive e predeterminate (sproporzione del volume d’affari rispetto alla consistenza di personale e di una struttura operativa, dati rintracciabili). In tal senso, il provvedimento dell’Agenzia dell’Entrate prevede che, oltre ai controlli iniziali gli stessi saranno ripetuti al verificarsi di situazioni di rischio quali la incoerenza dei dati indicati nelle dichiarazioni e comunicazioni periodiche con altri dati a vario titolo acquisiti dall’ufficio dell’Agenzia dell’Entrate.

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 26/10/2017
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