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Il mentor: chi è e cosa fa?

Con questo contributo cercheremo di spiegare una delle figure professionali che si sta diffondendo ultimamente non solo a livello internazionale, ma anche a livello nazionale e nei settori più disparati. Prima di capire in che modo è possibile svolgere questa attività, che, se effettuata come professionisti, necessita l’apertura della partita iva, vediamo insieme come si è sviluppata la disciplina che sta alla base della sua espansione.

Sommario

Chi è il mentor?

Che cos'è il mentoring?

Quali sono le competenze di un mentor?

Quali sono le funzioni del mentor?

Quali sono le tecniche del mentor?

Quali sono i vantaggi del mentoring?

Le differenze tra mentor, coach e tutor

Quanto guadagna un mentor?

Conclusione

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Chi è il mentor?

La parola inglese “mentor” deriva da “mentore”. Nell’Odissea “Mentore” è l’amico-consigliere di Ulisse. L’eroe greco, infatti, prima di salpare per Troia gli affidò il compito di prendersi cura del figlio, Telemaco, il quale gli sarebbe succeduto al trono nel caso di un suo non ritorno ad Itaca.

Il termine mentor è apparso poi a metà del 1700 nell’Oxford English Dictionary, comunemente utilizzato per descrivere i maestri che tramandavano i segreti della propria arte agli apprendisti.

Quindi, la volontà di trasferire il proprio sapere e le proprie abilità ai più giovani, è alla base dello sviluppo del mentoring, il processo metodologico, diffusosi ai nostri giorni, volto a facilitare la promozione della carriera e il progresso personale di una persona. 

Che cos’è il mentoring?

Il mentoring è dunque una disciplina che si è sviluppata nei paesi anglosassoni e consiste nella trasmissione di un sapere da un professionista (mentor) ad un apprendista (mentee) sull’attività che quest’ultimo si impegna a svolgere.

Un mentor, dunque, si può incontrare in ambito lavorativo, scolastico e sportivo, ed è pronto a supportare il mentee. È specialmente nelle realtà imprenditoriali che si può riscontrare la presenza di un mentor, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda: piccola, media e grande, sebbene, l’apporto di questa figura si stia diffondendo soprattutto nelle startup.

Dunque, attraverso il mentoring, le competenze lavorative manageriali vengono messe a disposizione delle nuove generazioni, comportando risparmi aziendali non solo dal punto di vista dei costi, ma soprattutto di tempo. Sostanzialmente, tale disciplina può essere definita come un acceleratore delle capacità di lavoro.

Quali sono le competenze di un mentor?

Una delle competenze del mentor è lo storytelling, la capacità di saper raccontare gli esempi positivi al mentee, il quale sarà portato ad apprenderli mediante l’esperienza delle emozioni. 

Naturalmente, chi si accinge a svolgere questa professione deve anche essere interessato allo sviluppo delle competenze degli apprendisti. Quindi, l’abilità di instaurare un dialogo, attraverso l’utilizzo di quesiti stimolanti, è una caratteristica importante che deve possedere un potenziale mentor.

Pertanto, con il mentoring si costruiscono dei processi di socializzazione vis à vis che hanno l’obiettivo di sviluppare abilità personali ed organizzative. Per tale motivo, un rapporto tra il mentor e il mentee prevede non solo una certa vicinanza.

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Quali sono le funzioni del mentor?

Le funzioni del mentor sono principalmente tre. Innanzitutto, aiuta il mentee a capire quali sono i suoi bisogni, i suoi limiti e i suoi punti di forza per raggiungere i risultati necessari allo sviluppo della sua carriera. Secondo, il mentor cerca di trasmettere all’allievo la cultura organizzativa dell’azienda, ad esempio, condividendone i valori, le regole di comportamento da tenere all’interno della stessa attività. Terzo, facilita il processo di iniziazione alla cultura organizzativa dell’impresa.

Tali funzioni posso essere anche realizzate in diverso modo: gli incontri one to one, il cui cronoprogramma è deciso insieme al mentee; il group mentoring, all’interno del quale le norme sociali dello stesso generano risultati sulla carriera del singolo componente; il peer mentoring in cui si stabilisce uno stimolo reciproco tra due pari che si percepiscono tali.

A questi vanno poi aggiunti: i programmi misti, in cui si alternano momenti individuali a momenti di gruppo; l’e-mentoring, utilizzato quando non è possibile un rapporto in presenza e, quindi, si opta per la comunicazione on line; infine, il blended mentoring, con combinazioni di contatti vis à vis e a distanza.

Quali sono le tecniche del mentor?

Le tecniche che vengono impiegate dal mentor per seguire lo sviluppo del mentee sono moltissime. Qui ne riassumiamo tre. La prima consiste nell’accompagnamento passo per passo dell’allievo, per l’appunto. La seconda è composta dalla semina, ovvero un insegnamento non immediato, ma di preparazione al processo di trasformazione del mentee. La terza è costituita dalla catalizzazione. 

È, infatti, attraverso questa tecnica che il mentor porta il mentee in una nuova situazione, fuori la sua zona di comfort, mediante un cambiamento di identità, gli mostra la situazione in cui si trova, come esempio e prova degli insegnamenti, al fine di rendergli comprensibile il processo messo in atto. Poi, attraverso dei quesiti raccoglie la consapevolezza di quanto appreso dal mentee durante il percorso effettuato.

Infine, gli strumenti utilizzati del processo di mentoring sono quattro:

Quali sono i vantaggi del mentoring?

I vantaggi del mentoring sono diversi e concernono sia l’allievo che il mentor. Riguardano anche l’organizzazione che si dota della figura prevista da tale disciplina. La chiave del successo consiste ovviamente nel selezionare in maniera accurata il mentor per evitare che possa, al contrario, arrecare danni al mentee.

Dunque, i principali vantaggi del mentee sono:

I benefici per il mentor invece sono:

I principali vantaggi per le aziende sono:

Le differenze tra mentor, coach e tutor

Non bisogna confondere il mentor con il coach o con il tutor. Abbiamo potuto notare che il mentoring è un processo di formazione bidirezionale, uno scambio tra il mentor, appunto, e l’apprendista. Dunque, il loro è un rapporto alla pari. Inoltre, il mentor può essere anche una figura interna all’azienda, che ha maturato esperienza e competenze da trasmettere ai più giovani per facilitarne l’integrazione nel contesto lavorativo.

Il coach, vocabolo che deriva da “coche”, ossia cocchiere, è invece la guida dell’allievo. Il termine viene utilizzato spesso in campo sportivo. Il processo del coaching, quindi, ha come obiettivo il miglioramento dell’atleta attraverso il sostegno morale e psicologico. Ma viene anche impiegato in ambito aziendale per aiutare le persone ad acquisire competenze manageriali o gestionali. Il rapporto, in questo caso, può essere può essere individuale o di gruppo.

Il tutor, infine, è colui che trasmette la conoscenza allo studente e, pertanto, la sua esperienza viene impiegata per lo più nel settore educativo. In questo caso, viene impiegato dal tutor un processo di responsabilizzazione dell’allievo, il quale, attraverso l’esperienza, apprende gli errori. Il ruolo del tutor consiste più che altro nell’accompagnare lo studente nel suo percorso di apprendimento. Si limita perciò a dare il suo sostegno, senza sostituirsi all’allievo.

Come ha ben spiegato Steve Blank, uno dei massimi esperti al mondo in materia di startup, il mentor è colui con il quale si instaura un rapporto di dare-avere, il coach è la persona che aiuta a raggiungere uno scopo e il teacher è il soggetto che spinge ad apprendere qualcosa.

Quanto guadagna un mentor?

Negli Stati Uniti, lo stipendio medio di un mentor è di 35 mila dollari. All’ora, può guadagnare in media 30 dollari. Ancora in Italia non è ben noto a quanto ammontino i suoi compensi. Per avere un’idea, allora, si può fare affidamento all’importo dello stipendio di un coach, figura professionale simile, e che dipende dalle caratteristiche della sua attività, dalla sua esperienza, dai soggetti per cui lavora e dal tipo di ambiente: personale o aziendale. 

Lo stipendio medio, dunque, per un coach in Italia è di 25 mila euro all’anno o 12.82 euro all’ora. Un “entry level” guadagna circa 21 euro all’anno, mentre un lavoratore con più esperienza, come un coach manager, può essere retribuito annualmente fino a 48 mila euro.

Conclusione

Sostanzialmente, il mentor è un esperto che offre consulenza e che può essere interno o esterno all’azienda. In quest’ultima ipotesi lo è soprattutto per le startup. Pertanto, se stai pensando di aiutare giovani imprenditori a fare business e, quindi, diventare un professionista del mentoring, ti ricordiamo che occorre l’apertura della partita iva. Se hai intenzione di aprirne una, ma hai bisogno di informazioni al riguardo, puoi contattare gratuitamente i nostri consulenti collegandoti sul sito partitaiva24.it. Una volta compilato il form, che si trova sulla pagina web, risponderanno a tutti i tuoi dubbi.

a anagrafica tra i due, ma spesso anche di ruolo, indispensabile per aiutare a comprendere le difficoltà legate alla crescita professionale, ad esempio, all’interno di un’impresa.

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 12/05/2021
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