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Imprenditoria femminile, le opportunità nell’era del Covid-19

Il IV rapporto nazionale dell’Unioncamere sulle imprese mostra che a pagare il conto nell’anno della pandemia, purtroppo, sono state in prevalenza le donne. Nonostante la consapevolezza sull’analisi svolta in merito a tale fenomeno, vale la pena ricordare che oggi esistono varie opportunità volte all’universo femminile che lotta con tutte le forze per non abbandonare il sogno di avviare un’attività.

Sommario

L’analisi sul IV rapporto nazionale di unioncamere

La risposta alla crisi delle imprenditrici

In quali settori investono maggiormente le donne?

Le principali opportunità per le imprese femminili

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L’analisi sul IV rapporto nazionale di unioncamere

Il report sull’Impresa in genere di Unioncamere illustra chiaramente che la crisi economica scaturita dalla pandemia da Coronavirus ha colpito, nel corso del 2020, maggiormente le donne che svolgono un’attività imprenditoriale. Oltre alla perdita di risorse finanziarie, purtroppo, è calata anche la loro fiducia, frenando quindi la voglia di mettersi in proprio.

Una perdita che, però, il sistema italiano non può permettersi perché, come lo stesso presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli, ha affermato in merito “Le imprese guidate da donne sono più socialmente responsabili, più attente alla sostenibilità ambientale e hanno grandi margini di crescita del loro ruolo”. 

L’analisi è stata effettuata tenendo in considerazione i dati emergenti dal terzo trimestre del 2020. Ina particolare, si evidenzia che le imprese guidate da donne in detto periodo sono pari a 1,3 milioni (il 22% del totale). I settori nelle quali le imprenditrici operano sono, così, stati suddivisi: nei servizi sono risultate presenti 890 mila donne (il 66,5%), nell’industria 151 mila (l’11,3%), nel primario circa 208 mila (il 15,6%).

Per quanto concerne la tipologia delle imprese femminili, il 96,8% è costituito da microimprese con meno di 10 addetti (circa 1 milione e 293mila); il 2,9% è formato da  piccole imprese con 10-49 addetti (39 mila); lo 0,3% è infine composto dalle imprese medio-grandi, poco più di 3mila.

Rispetto alla loro diffusione sul territorio nazionale, poi, la presenza delle aziende con a capo una donna sono state distinte in due grandi aree: al centro-nord del Paese si trovano circa i due terzi del totale delle imprese femminili (849mila imprese, pari al 63,6%); nel Mezzogiorno hanno invece sede circa 487mila attività economiche (il 36,4%). 

Se si guarda il dato anagrafico, inoltre, si può osservare che poco più del 10% delle imprese sono guidate da donne con meno di 35 anni: 150mila. Infine, oltre 150 mila sono le imprenditrici straniere.

Dopo anni di costante crescita delle imprese femminili, addirittura superiori a quelle amministrate dagli uomini, tra aprile e settembre del 2020 è stato registrato un rallentamento nell’avvio di attività dal fiocco rosa che ha comportato, nel secondo trimestre, ad una contrazione delle stesse (-42,3% per le femminili contro il -35,2% delle maschili), potrattasi anche nei tre mesi successivi, segnando un -4,8% per le imprenditrici contro un +0,8% per le aziende maschili.

Comparando, poi, il semestre aprile-settembre 2020 a quello del 2019, il maggior calo di iscrizioni di nuove attività d’imprese femminili si è avuto nei settori del made in Italy, turismo e cultura. In ribasso anche la lavorazione dei minerali non metalliferi (ceramica, vetro, ecc. -51,0%), l’alloggio e la ristorazione (-42,8%), il sistema moda (-42,6% nel tessile, abbigliamento e calzature), la cultura e intrattenimento (-39,7%). In controtendenza, invece, il comparto media e comunicazione con un aumento del 34,7%.

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La risposta alla crisi delle imprenditrici

Ma quali sono le principali difficoltà che le imprenditrici hanno riscontrato di fronte alla crisi sanitaria e, di conseguenza, economica? Qual è stata la loro reazione rispetto ai colleghi uomini?

Innanzitutto, bisogna dire che, seppure sia gli uomini che le donne a capo di un’azienda hanno dovuto fare i conti con un momento storico che li sta segnando duramente, il maggior problema che hanno dovuto affrontare diversamente è stato quello relativo alla liquidità (il 38% per le imprenditrici e il 33% per gli imprenditori). Sono state, infatti, le imprese femminili che, davanti alla difficoltà di accesso al credito causate dalla crisi pandemica, hanno utilizzato in maniera superiore le misure di sostegno destinate dal governo alle aziende più colpite. Più vincoli, inoltre, sono stati riscontrati dalle imprenditrici (il 18% delle donne contro il 15% degli uomini a capo di un’azienda).

Altro grattacapo è stato, poi, quello dell’approvvigionamento delle forniture (il 30% per le donne contro il 23% degli uomini con un’attività). Il calo dell’occupazione sembra avere interessato le aziende con a guida una donna (il 23% rispetto al 17% dichiarato dagli uomini). I problemi legati alla tecnologia sono stati invece riscontrati dal 16% delle imprenditrici a fronte del 12% espresso dai colleghi uomini.

Diversa, però, è stata la risposta delle donne riguardo la riduzione del fatturato nel corso del 2020. Infatti, nel loro caso è emerso l’ottimismo verso un rapido ritorno ai livelli produttivi precedenti l’emergenza sanitaria: il 29% delle imprenditrici contro il 34% degli imprenditori. La distanza di 6 punti percentuali ha contraddistinto il parere più cauto e propenso ad attendere il 2022 per una possibile ripresa (il 25% delle donne contro il 19% degli uomini) e addirittura una percentuale più alta nel propendere per il 2023 (il 10% delle prime a fronte del 7% dei secondi).

Inoltre, da un sondaggio effettuato da Eurochambres Women Network (il coordinamento permanente presso l’associazione delle Camere di commercio europee dedicato all’imprenditoria femminile), realizzato in 20 Paesi europei, è venuto fuori che le donne imprenditrici chiedono soprattutto quattro tipologie di intervento: 

Sostanzialmente, ben 7 imprenditrici su 10 intervistate sono risultate impreparate al digitale.

In quali settori investono maggiormente le donne?

Nei 5 anni antecedenti la pandemia, le imprese femminili erano cresciute di più rispetto a quelle guidate dagli uomini: +2,9% contro +0,3%. Sostanzialmente, il loro aumento è stato più del triplo rispetto a quello delle imprese maschili: +38.080 delle prime contro +12.704 dei secondi. Di fatto, le imprenditrici hanno contribuito per il 75% all’incremento complessivo di tutte le imprese in Italia, pari a +50.784 unità. Un ottimo risultato pre-crisi. Nonostante, rimanessero sempre fortemente legate ai settori tradizionali, le aziende capeggiate dalle donne stavano, e sembra continuino, a crescere in quelli innovativi. 

La crescita delle attività professionali scientifiche e tecniche (+17,4% di quelle femminili contro +9,3% di quelle maschili) e dell’informatica e telecomunicazioni (+9,1% delle prime contro il +8,9% delle seconde) rendono bene l’idea della direzione intrapresa dalle donne con il sogno di svolgere un’attività.

A livello regionale, poi, si è registrato un aumento delle aziende guidate dalle imprenditrici nel Lazio (+7,1%), in Campania (+5,4%), in Calabria (+5,3%), nel Trentino (+5%), in Sicilia (+4,9%), in Lombardia (+4%) e nella Sardegna (+3,8%). 

Gli ambiti nei quali le imprese femminili operano maggiormente sono quelli che offrono servizi alle famiglie, come quello dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza sociale. In questi settori, più di un’impresa su tre è gestita da donne. Esattamente, i dati al 30 settembre 2020 evidenziano che sono 9.600 le imprese femminili attive nel primo settore citato, con un aumento di circa 1.500 unità rispetto a settembre 2014.

Sono 17 mila, invece, le aziende guidate da donne (il 38%) presenti nel campo sanitario e dell’assistenza sociale. In particolare, si occupano della gestione di asili nido, baby-sitting e assistenza ai minori disabili. Dunque, risultano prediligere il comparto a supporto dell’infanzia. Sono presenti maggiormente in alcune regioni, come il Lazio e la Lombardia. Sono, invece, poco diffuse nelle regioni meno popolose. 

Le principali opportunità per le imprese femminili

Abbiamo già parlato, attraverso altri contributi presenti sul nostro blog, di alcuni bandi destinati alle donne: Nuove imprese a tasso zero e SELFIEmployment. Il primo è indirizzato a chi vuole diventare imprenditrice e prevede il finanziamento a tasso zero di progetti d’impresa con spese fino a 1,5 milioni di euro e può coprire fino al 75% delle spese totali ammissibili. Il secondo finanzia, con prestiti a tasso zero fino a 50 mila euro, l’avvio di piccole iniziative imprenditoriali e anche femminili, per l’appunto. L’incentivo, ricordiamo, è gestito da Invitalia nell’ambito del Programma Garanzia Giovani, sotto la supervisione dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (ANPAL).

Accanto a queste due occasioni volte all’universo femminile, esistono anche altre opportunità per le donne che vogliono intraprendere un’attività. Una “Call” interessante, che si chiuderà alla fine del mese prossimo, è “Call4Women” un progetto di investimento proposto da B Heroes, l’ecosistema di iniziative per start up innovative, ed Endeavor Italia, l’organizzazione che supporta le scale-up ad alto potenziale, con il quale si vuole tentare di ridurre il gender gap nel mondo delle startup.

Nello specifico, l’iniziativa è rivolta a:

Precisiamo che sono due i percorsi per i quali è possibile presentare la domanda: il percorso B Heroes, destinato alle startup appena costituite o da costituire, ovviamente a guida femminile, e il percorso Endeavor, che si rivolge a quelle realtà con un fatturato superiore a 100 mila euro.

Le aziende che verranno selezionate nel primo percorso, potranno accedere a servizi di mentorship e a workshop, a un programma sull’accelerazione e incubazione, a finanziamenti diretti. Invece, per quanto concerne i progetti che supereranno la seconda opzione, consentiranno alle imprese femminili di prendere parte a due giornate di workshop presso OGR Tech a Torino con potenziale introduzione a investitori.

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Autore: Michele (Partitaiva24.it)
Pubblicato il: 19/03/2021
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